Siciliano di origini, di penna e di temperamento. Salvatore Quasimodo, nacque a Modica, il 20 agosto del 1901, dove, a malincuore, non poté trascorrere l’infanzia e la giovinezza a causa dei frequenti spostamenti del padre, capostazione. Sicilia che divenne emblema di una felicità perduta, di una terra lontana, paradisiaca, di una casa natale a cui fu strappato e mai più restituito. Arrivò presto un diploma tecnico, un impiego presso il Genio Civile a Roma e infiniti ritagli di tempo dedicati allo studio di testi filosofici e letterari, da Omero a Virgilio, da Sant’Agostino a Pascal.
Poi un incontro importantissimo che segnò la sua vita da letterato, a Firenze, dove l’illustre cognato, Elio Vittorini, lo presentò ad Eugenio Montale e Alessandro Bonsanti il quale decise di pubblicargli le prime poesie sulla rivista “Solaria”, che ospiterà anche le sue prime raccolte, da Acque e Terre a Oboe Sommerso. Una linea di ricerca sin da subito chiara e definita, esemplare della sua maniera che fece di lui uno tra i più significativi esponenti dell’Ermetismo. Così, sul piano stilistico, si assiste ad un radicale e definitivo divorzio nei confronti della lingua parlata con una parola che, chiudendosi ad ogni forma di volontà comunicativa, assume un valore che tende all’assoluto, all’astrazione, all’incomprensione. Versi indefiniti, caratterizzati da una ricercata confusione dei rapporti logici tra i vari elementi del periodo, sostantivi rigorosamente al plurale, per aumentare gli effetti di indeterminatezza ed infine un’aggettivazione che per sua natura tende ad attenuare e a sfumare.
Poi la svolta, che si configurò, in realtà, come un graduale mutamento, evidente nelle raccolte del dopoguerra. I versi si allungano e diventano più lineari, i temi si ampliano e si arricchiscono di elementi tratti da una realtà più concreta, il rapporto tra segno e significato si fa più immediato, aprendosi verso le forme di un messaggio più facilmente accessibile e comunicativo. E tutto cambia, dall’individualismo si passa alla coralità, dal piano metafisico ed esistenziale il discorso si trasferisce su quello propriamente storico, determinato dai tragici avvenimenti della guerra e dell’immediato dopoguerra, che sollecitarono una nuova forma di partecipazione e di impegno, investendo anche il poeta di precise responsabilità civili: “La posizione del poeta non può essere passiva nella società. Egli modifica il mondo. Le sue immagini forti, quelle create battono sul cuore dell’uomo, più che la filosofia e la storia. La poesia si trasforma in etica, proprio per la sua resa di bellezza: la sua responsabilità è in diretto rapporto con la sua perfezione […]. Un poeta è tale quando non rinuncia alla sua presenza in una data terra, in un tempo esatto, definito politicamente”. Gli stessi motivi, poi, vennero sviluppati a Stoccolma, quando a Quasimodo venne conferito il premio Nobel per la Letteratura . Morì a Napoli nel 1968, lasciando un segno indelebile nel mondo della letteratura italiana.
Camilla Mantegazza