Eric Arthur Blair, giornalista, saggista, scrittore e attivista britannico, meglio conosciuto come George Orwell. È uno dei saggisti di lingua inglese più diffusamente apprezzati del XX secolo, meglio noto per due tra i suoi romanzi scritti attorno agli anni ’40. “La Fattoria degli Animali”, in primo luogo, un apologo che ha per protagonista gli animali, satira feroce contro la degenerazione della rivoluzione bolscevica e contro la dittatura staliniana. Un romanzo in cui “gli animali da fuori guardavano il maiale e poi l’uomo, poi l’uomo e ancora il maiale: ma era ormai impossibile dire chi era l’uno e chi l’altro”. Pubblicato solo nel 1945, in ritardo di qualche anno rispetto alla sua stesura, vide un immediato successo internazionale.
Poi “1984”, titolo ricavato invertendo le cifre dell’anno in cui è stato scritto, il romanzo del mondo futuro, dominato da uno spaventoso totalitarismo che controlla ogni gesto, ogni parola ed ogni pensiero dei suoi uomini, sudditi assoggettati al sistema, incapaci di ogni pensiero o comportamento autonomo, inabili ad ogni forma di critica, pronti a qualunque bassezza per servire lo stato, resi fantomatici nemici interni ed esterni al paese, creati da una martellante propaganda.
Un’attività di critica, di analisi della realtà pragmatica e veritiera, ma tinteggiata da un estro poetico e romanzesco di rara levatura. Così, da scrittore politico e sociale, scrisse “Chiunque comprenda il ruolo centrale che la letteratura svolge nello sviluppo della storia umana, deve anche comprendere che la resistenza al totalitarismo, sia esso imposto dall’esterno o dall’interno, è questione di vita o di morte ”. Un regime, oppressore e inumano, incarnato nella figura del Grande Fratello, trama invisibile, ma che appare in immagine ovunque. Chuck Palahniuk disse che “Il vecchio George Orwell aveva capito tutto, ma al rovescio. Il Grande Fratello non ci osserva. Il Grande Fratello canta e balla. Tira fuori conigli dal cappello. Il Grande Fratello si dà da fare per tenere viva la tua attenzione in ogni singolo istante di veglia. Fa in modo che tu possa sempre distrarti. Che sia completamente assorbito”.
Un mondo, quello orwelliano, diviso in tre superstati, Oceania, Eurasia ed Estasia, in continua guerra tra loro, non lontani da quel mondo da poco incanalatosi nella Guerra Fredda. Un’utopia negativa, lontana da quelle sognate da Platone, Moro oppure Campanella. Un’utopia negativa, che presenta il futuro non come un mondo migliore, in cui si realizzano giustizia, pace, amore e felicità, ma come un mondo d’incubo, in cui trionfano l’autoritarismo e la violenza, l’abbruttimento delle coscienze, lo squallore e l’odio.
Nel tracciare questo quadro, Orwell prende spunto dai totalitarismi reali, vissuti, presenti e passati, esasperandone gli elementi ricavati dalla realtà, immaginandosi e descrivendo probabili e possibili sviluppi futuri. Un monito ai contemporanei: colto oppure no?
Camilla Mantegazza