di Elena Borravicchio
Oggi è il 30esimo anniversario della Convenzione dei Diritti per l’Infanzia e l’Adolescenza. Tutti d’accordo nel lodare la carta di diritti più reiterata al mondo, con 196 paesi aderenti, però, non sempre le situazioni sono così lineari. Dal 2000, in Italia, un gruppo operativo di monitoraggio, chiamato CRC (Convention on the Rights of the Child), coordinato da Save the Children, si impegna in maniera capillare perché quei diritti vengano rispettati.
Definita una best practise, si tratta di un network di quasi 100 soggetti in rete: associazioni, movimenti, pediatri, avvocati che, numeri alla mano, ogni anno produce un report che ben illustra la situazione di fatto dei diritti dei bambini. Ogni cinque anni il CRC relaziona, in vari settori tematici, al Comitato dell’Onu di Ginevra, il quale, capitolo per capitolo, rivolge delle raccomandazioni ai Governi nazionali e locali.
Un lavoro molto concreto e una fonte imprescindibile di dati, di cui fanno parte anche le monzesi “Antonia Vita – Carrobiolo” e “ANFAA” (Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie).
“Al di là delle vetrine e delle dichiarazioni di intenti dobbiamo renderci conto che parlare dei diritti dell’infanzia è una cosa seria” ha sottolineato Simona Ravizza, direttrice di A.Vita, che si dedica al contrasto alla dispersione scolastica. “Ci sono minori che stanno male nonostante quello che siamo portati a pensare! La disparità regionale è lampante: il tasso di mortalità infantile in Calabria, per fare un esempio, è agghiacciante. Se la media lombarda di abbandono della scuola dell’obbligo è di 12,7%, quella italiana è di 14% e quella europea 10,6%. Siamo terzultimi in Europa. Il nostro problema è che manca un pensiero organico: in Italia continuiamo a mettere cerotti su un paziente che sta morendo dissanguato”.
Le fa eco Donata Micucci, di Anfaa: “Ci mancano riferimenti precisi. Non è ancora in piena attuazione la banca dati dei minori in condizione di adottabilità. La legge 184 dell’83 ha stabilito un sostegno anche economico a famiglie affidatarie e adottive con minori disabili, ma è di difficilissima attuazione. La stessa legge ha stabilito anche un sostegno psicologico post adottivo, per tutto il tempo della crescita del minore che proviene da un altro paese. Urge un confronto con l’amministrazione per sviluppare un piano di promozione dell’affido”.
Forse c’è necessità di meno celebrazioni e più azioni!