di Daniela Zanuso
Maria nacque in un tempo in cui il mondo delle arti, delle scienze, dell’educazione e della medicina erano esclusiva prerogativa degli uomini. Solo grazie alla sua determinazione e alla sua passione per lo studio superò tutti gli ostacoli e le ottusità del tempo e nel 1896 diventò la prima dottoressa d’Italia con una tesi in psichiatria. Refrattaria a ogni conformismo ha sempre cercato, in ogni modo e con grande libertà interiore, di trovare una soluzione positiva ai problemi. A quel tempo gli ambienti professionali in genere, ma ancora di più quelli della medicina, erano dominati dagli uomini, che spiazzati dal suo arrivo la videro come una minaccia. Si creò un clima ostile nei suoi confronti che ebbe gravi ripercussioni sull’animo sensibile della Montessori, tanto che lei cominciò a detestare gli uomini fino ad escluderli dalla sua vita: non arriverà mai a sposarsi.
A Maria Montessori siamo debitori di una nuova comprensione del bambino e un nuovo modo di intendere l’insegnamento e la formazione dei docenti.
I primi passi del suo straordinario lavoro di ricerca furono in un manicomio romano, dove convivevano adulti con disabilità psichiche e bambini frenastenici, con turbe comportamentali, abbandonati dalle famiglie e internati a vita. Alla sua intelligenza brillante e alla sua profonda sensibilità e attenzione umana, non sfugge il fatto che i consueti metodi pedagogici sono irrazionali, poiché reprimono qualsiasi potenzialità. Inizia così un lungo lavoro di osservazione e indagine, che la porterà a sviluppare un nuovo pensiero pedagogico. I risultati saranno così sorprendenti che la stessa Montessori arriverà alla conclusione che il Metodo è perfettamente applicabile anche a bambini senza problemi di disabilità.
Il suo pensiero parte dal concetto che il bambino è un essere completo, dotato naturalmente di un’energia creativa e affettiva, che l’adulto ha invece compresso dentro di sé.
Per la Montessori, il principio fondamentale che deve improntare l’educazione infantile è quello della libertà, il diritto dei bambini ad essere amati, rispettati e ad esprimersi liberamente. Solo dalla libertà nasce la creatività e da lì, scaturisce la disciplina che emerge come conseguenza di un interesse autentico, quando l’individuo “sceglie” liberamente seguendo il proprio istinto. Non ci deve essere imposizione, l’adulto non può pretendere l’obbedienza trascurando la volontà del bambino e quando il bambino svilupperà una sua volontà, sarà in grado di regolarsi da solo.
Fondamentale è anche il tema della formazione dell’insegnante e la sua capacità di stimolare intelligentemente l’immaginazione creatrice del bambino per risvegliarne l’interesse. L’insegnante non insegna, ma assiste. Maria ci invita a guardare il mondo dell’infanzia con occhi attenti, ad osservare il bambino nella sua dignità di persona sensibile e sempre attiva. E’ grazie a lei che la scienza ha preso a braccetto l’educazione, attraverso l’osservazione non del bambino, ma della sua spontaneità ed autenticità.
Il suo Metodo è utilizzato ancora oggi in tutto il mondo e trova echi e riflessi anche dove non viene ufficialmente citato. Ambasciatrice di pace (fu proposta tre volte per il Premio Nobel), viaggiò instancabilmente in Europa, America e India, visse molti anni all’estero per annunciare “la scoperta del bambino” e far capire che se si vuole un’umanità migliore è dal bambino che bisogna cominciare, perché il bambino è il padre dell’uomo, è la speranza per il futuro.
Maria è però molto più di questo. E’ stata una donna che ha lottato contro l’analfabetismo mondiale: riteneva che parlare senza saper scrivere e leggere era da considerarsi una menomazione che precludeva i rapporti sociali. Ha lottato per il femminismo, per il diritto delle donne al voto, per la parità salariale.
Il suo impegno è stato orientato anche nel delineare, attraverso l’educazione, i tratti di una comunità mondiale pacifica e armonica.
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