“Il commissario Maigret, della 1a Squadra mobile, alzò la testa ed ebbe l’impressione che il brontolio della stufa di ghisa posta al centro dell’ufficio e collegata al soffitto da un grosso tubo nero si stesse affievolendo. Spinse da parte il telegramma, si alzò pesantèmente, regolò la valvola e gettò tre palate di carbone nel focolare” (Georges Simenon, Pietro il Lettone, Adelphi, 1993).
Debutta così, nel primo libro a lui dedicato, il commissario Jules Maigret, il celebre personaggio creato da Georges Simenon, scrittore di cui ricorre oggi il 27esimo anniversario della morte, avvenuta il 4 settembre 1989 a Losanna.
Nato a Liegi nel 1903, uomo “dalle 10mila donne” – secondo quanto lui stesso asseriva – ma soprattutto dalle oltre 450 opere pubblicate, Simenon è tra gli autori più tradotti di sempre, in quasi 60 lingue e 44 Paesi, con oltre 700 milioni di copie vendute in tutto il mondo.
Il “suo” Maigret, ispettore della polizia giudiziaria parigina dal fisico imponente, atteggiamento burbero e pipa sempre in bocca, è una figura ben presente tuttora nell’immaginario collettivo. Se è vero che la sua fama in Italia si deve soprattutto all’interpretazione di Gino Cervi nello sceneggiato andato in onda dal 1964 al 1972 sulla Rai, non bisogna dimenticare la fortuna che ha avuto nel nostro Paese la collana di Adelphi dedicata proprio alle “Inchieste di Maigret”. Un successo che dura ancora, tanto che la stessa casa editrice ha avviato di recente una nuova iniziativa editoriale, “I Maigret”, una serie di volumi in cui saranno raccolti tutti i 75 romanzi che hanno come protagonista il commissario.
Taciturno, solitario e spesso di cattivo umore, Maigret risolve i suoi casi immergendosi fisicamente nell’ambiente in cui il delitto è stato commesso, che si tratti di un quartiere di Parigi o del ‘porto delle nebbie’ di Ouistreham. Luoghi che Simenon è bravissimo a materializzare davanti al lettore, attraverso una scrittura asciutta e senza fronzoli, in grado però di ricreare atmosfere dense e profonde, facendo emergere la complessa e drammatica vicenda umana al centro di ogni singolo caso. Niente di più diverso rispetto a quanto avviene nei polizieschi dell’autrice inglese Agatha Christie, costruiti con un meccanismo perfetto, in cui enigmi impossibili sono risolti da investigatori razionali e infallibili. Con Maigret nasce invece un nuovo modello di giallo, in cui la risoluzione del caso è legata non più al piacere tutto intellettuale di smascheramento del colpevole, ma anche e soprattutto alla comprensione, a livello istintivo e umano, delle motivazioni che si celano dietro a ogni azione.
Non solo prolifico autore di ‘best seller’ (da ricordare, oltre ai romanzi di Maigret, anche il celebre L’uomo che guardava passare i treni), Simenon fu anche giornalista e scrisse oltre 3000 pezzi tra articoli e reportage. E’ lo stesso autore belga a descrivere il proprio ‘rituale di scrittura’, che si articola in quattro tappe: ambientamento, ricapitolazione, redazione, revisione. Per il creatore di Maigret la scrittura è innanzitutto un mestiere, una professione da imparare con metodo, esercizio e perseveranza. Perché, disse Simenon una volta, il ruolo dello scrittore non è paragonabile a quello di un colto letterato, ma piuttosto al lavoro paziente di un bravo artigiano.
Francesca Radaelli