Giustizia, uguaglianza, progresso, democrazia, prevenzione della povertà, della malattia, della violenza e dei conflitti, dignità dell’individuo, sono tutti temi che ruotano intorno ad una questione centrale: il diritto all’istruzione.
La Dichiarazione universale dei diritti umani all’art. 26 recita “Ogni individuo ha diritto all’istruzione gratuita e obbligatoria almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali; l’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali; essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace”.
Parliamo di uno dei fondamentali diritti umani di cui sono privati, ancora oggi, quasi 800 milioni di persone nel mondo, il 16% della popolazione mondiale, in larga maggioranza donne e bambini che vivono nel Sud-Ovest dell’Asia, nell’Africa sub-sahariana, negli Stati arabi. Circa due terzi della popolazione analfabeta è di sesso femminile: è un problema di discriminazione tra i sessi, perché l’accesso all’istruzione è considerato, in molti Paesi, un privilegio.
Promossa dall’Unesco nel 1965, la giornata internazionale dell’alfabetizzazione ha lo scopo di celebrare e sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della cultura e del diritto all’educazione.
Alfabetizzare significa assicurare ad ogni individuo di possedere le capacità minime che gli permettono di partecipare in modo attivo e consapevole alla vita perché, come diceva Maria Montessori “non sapere leggere e scrivere è da considerarsi una menomazione che preclude i rapporti sociali”.
L’analfabeta è emarginato, escluso, oggi diremmo “tagliato fuori” perché le uniche possibilità di comunicazione per lui sono la parola e il gesto, un po’ pochino ai giorni nostri.
Esistono due tipi di analfabetismo: quello assoluto che riguarda l’incapacità totale di leggere, scrivere e far di conto e quello funzionale cioè l’incapacità, anche solo parziale, di comprendere quello che si legge o di esprimersi in maniera adeguata attraverso la scrittura, quello che si definisce l’analfabetismo “di ritorno”.
Se consideriamo questo aspetto, allora il problema dell’alfabetizzazione non riguarda solo i Paesi del sud del mondo o quelli in via di sviluppo, ma coinvolge anche i Paesi occidentali. In questo caso si parla di un fenomeno che forse, per alcuni versi, può ritenersi più grave proprio perché più difficile da individuare e da gestire.
Oggigiorno anche nel mondo occidentale sono ritenute indispensabili competenze come saper usare un computer, compilare un modulo, capire un’istruzione tecnica, essere in grado di comprendere il linguaggio economico, politico, giuridico. Siamo quotidianamente messi alla prova nella lettura e comprensione di un quotidiano, un foglietto illustrativo, una tabella.
L’analfabetismo, sia esso assoluto o “di ritorno” non è un problema marginale, è una piaga mondiale, un problema che va affrontato prima di tutto con il riconoscimento che si tratta di un diritto umano e poi con la comprensione della necessità di investimenti, perché l’istruzione è una risorsa che produce effetti positivi nella vita sociale, civile, politica ed economica di un Paese.
Socrate diceva: “C‘è un solo bene: il sapere. E un solo male: l’ignoranza.”
Daniela Zanuso