Agricoltura in Brianza: cresce il lavoro, cambiano gli stili di vita

Agricoltura in BrianzaAgricoltori in trincea, di Alfredo Somoza

L’agricoltura in Brianza potrebbe essere considerata “residuale” rispetto alle scelte dei decenni scorsi, che hanno portato alla moltiplicazione, quasi senza limiti, degli insediamenti produttivi e abitativi. Parliamo quindi di una agricoltura di trincea, resistenziale, che difende con le unghie e i con denti i suoi spazi dalla cementificazione. Un sistema agricolo periurbano, che “costeggia” i centri abitati e ogni tanto, solo in qualche scorcio, ci ricorda quella che fu la Brianza di una volta. La realtà agricola tra Brianza ovest ed est è molto diversa, mentre a ovest di Monza circa l’80% del territorio è stato urbanizzato, nel vimercatese e nell’Alta Brianza il rapporto tra campagna e abitativo rimane all’incirca metà e metà.

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L’agricoltura italiana ed europea è in piena fase di transizione, dettata dai cambiamenti introdotti dalla nuova PAC (politica agricola comunitaria) che progressivamente eliminerà i sussidi a perdere, dei quali beneficiavano soprattutto i grandi proprietari che coltivano estensivamente mais, colza o soia. Negli ultimi anni stiamo invece assistendo alla diffusione di un’agricoltura a “chilometro zero”, cioè pensata per rifornire i mercati locali, anche grazie alla moltiplicazione degli spazi di vendita al pubblico e della rete dei GAS (Gruppi d’acquisto solidali) che in Brianza hanno sviluppato uno dei più interessanti progetti a livello italiano, Spiga e Madia, un pane a filiera corta preparato con grano coltivato e macinato in Brianza, oltre che cotto e mangiato localmente. La peculiarità dell’agricoltura brianzola, presidio dell’ultimo verde della nostra provincia, riguarda anche l’essere in parte praticata dentro aree protette, come il Parco del Molgora. Un’agricoltura che anche per questo motivo dovrebbe essere sostenuta e conosciuta, per evitare il tanto temuto svuotamento del valore economico del settore e il conseguente abbandono dei terreni o peggio, la loro riconversione al cemento. Qualche esempio virtuoso in questi anni c’è stato con la valorizzazione di produzione pregiate, come l’asparago di Mezzago e la patata di Oreno, ma nel complesso l’agricoltura della Brianza, e ciò che ne rimane, non ha le forze da sola per andare avanti e quindi garantire anche il residuo polmone verde della nostra provincia. Solo un patto tra consumatori e produttori potrebbe dare linfa a un settore nel quale, in controtendenza, si sta registrando un aumento dell’occupazione giovanile. Cominciano a fare tendenza i giovani che, dopo avere studiato, si fanno carico dei terreni familiari portando nuove idee e tecniche.

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L’aumento della disponibilità di prodotti ortofrutticoli, anche dalle nostre parti, è dovuta a questo nuovo approccio all’agricoltura non più immaginata come produttrice di granaglie in modo estensivo, ma come fornitrice del territorio, proponendo qualità, buon prezzo e basso impatto ambientale. Non esiste però riconversione della produzione senza riconversione dei consumi. Siamo stati ormai diseducati al consumo agricolo da una grande distribuzione che ci fornisce 12 mesi all’anno qualsiasi prodotto. Possiamo consumare tutto a prescindere dalle distanze e dalle stagioni. L’agricoltura a chilometro zero ci riconcilia con l’andamento delle stagioni e con i cibi che ci forniscono le vitamine giuste al momento giusto.

La lotta per la salvaguarda dell’agricoltura in Brianza può apparire utopica o romantica, ma si tratta invece di una delle sfide più importanti per la tutela del paesaggio del nostro territorio.

Alfredo Somoza

Alfredo Somoza è presidente di ICEI – Istituto Cooperazione Economica Internazionale –   www.icei.it  e direttore di www.dialoghi.info.it   Il suo blog  si trova al link: www.alfredosomoza.com

 

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