di Francesca Radaelli
“In principio, dunque, era la noia, volgarmente chiamata caos. Iddio, annoiatosi della noia, creò la terra, il cielo, l’acqua, gli animali, le piante, Adamo ed Eva; i quali ultimi, annoiandosi a loro volta del paradiso, mangiarono il frutto proibito. Iddio si annoiò di loro e li cacciò dall’Eden”
Eppure, a osservarla da vicino, la vita di Alberto Moravia, il grande scrittore autore de ‘La Noia’ nato il 28 novembre 1907 a Roma, all’anagrafe Alberto Pincherle, deve essere stata tutt’altro che noiosa.
Al contrario. Una vita intensa e piena, fatta di viaggi, incontri e relazioni. Sempre al centro degli eventi che hanno segnato il suo tempo.
Chi avrebbe detto che quel bambino ammalato di tubercolosi ossea dall’età di nove anni, costretto a passare intere giornate a letto negli anni dell’adolescenza (queste sì ad alto rischio di noia), avrebbe viaggiato in lungo e in largo per il mondo, attraversato Africa, India, Cina e Giappone?
In effetti, la malattia segna pesantemente il periodo della giovinezza del futuro scrittore, gli impedisce di frequentare regolarmente la scuola – è curioso ma l’unico titolo di studio di cui Moravia entra in possesso è il diploma di ginnasio, ottenuto da privatista – ma contribuisce forse in parte a far maturare in lui la vocazione letteraria. È proprio durante il periodo di degenza che dura ben cinque anni, due dei quali trascorsi in un sanatorio a Cortina d’Ampezzo, che Alberto si appassiona alla lettura e divora i grandi classici della letteratura, da Dostoevskji a Molière, da Shakespeare a Leopardi. Mentre si trova convalescente a Bressanone, nel 1925, inizia a scrivere il romanzo che pubblicherà tre anni dopo, a sue spese, o meglio a spese di suo padre, a cui chiede le cinquemila lire reclamate dall’editore. Si tratta de ‘Gli Indifferenti’, ancora oggi uno dei suoi romanzi più conosciuti e letti, affresco della borghesia inquieta del suo tempo, su cui forse il giovane scrittore ha avuto modo di gettare uno sguardo privilegiato, dall’interno delle mura domestiche cui la malattia lo relega in quegli anni.
Ma la vita fuori da quelle mura lo porterà ben presto. Inizia infatti a collaborare con quotidiani e riviste letterarie, a pubblicare racconti e scritti su giornali e periodici. Sono gli anni Trenta del Novecento, in Italia si sta facendo largo il fascismo. È allora che Moravia, dopo aver trascorso l’adolescenza tra case e cliniche, inizia a dedicarsi a quei viaggi che lo porteranno nei luoghi più lontani. Soggiorna in Inghilterra e a Parigi, poi si reca negli Stati Uniti, fa tappa anche in Messico, esplora la Cina e si stabilisce per un periodo in Grecia, ad Atene, tutti luoghi da cui invia reportage e racconti di viaggio ai giornali con cui collabora. Quindi, rientrato in Italia e convolato a nozze con la scrittrice Elsa Morante, si trova a dover fuggire dai controlli del regime, da sempre diffidente verso di lui, non solo per le origini ebraiche del padre ma anche e soprattutto per i contenuti della sua produzione letteraria. Con la moglie si rifugia quindi tra le montagne di Fondi, in Ciociaria, e dall’esperienza nasce il romanzo ‘La Ciociara’ da cui sarà tratto il celebre film con Sophia Loren, uno dei tanti esempi delle fortunate trasposizioni delle sue opere sul grande schermo.
Il grande successo arriva nel dopoguerra e Moravia si afferma come uno dei protagonisti del panorama culturale e letterario, anche se l’intera sua produzione è messa all’indice dal Sant’Uffizio. I titoli sono ‘Agostino’, ‘Il Conformista’, ‘Il Disprezzo’, ‘La noia’, ‘L’amore coniugale’. I temi sono rimasti quelli caratteristici della sua scrittura: la noia e l’aridità della vita borghese, l’ipocrisia, la poetica per certi versi esistenzialista, l’analisi puntualissima dell’intreccio di sentimenti e pulsioni.
Ma Moravia non si ferma qui. Soprattutto continua a viaggiare, e a raccontare il mondo. E quando, separatosi dalla prima moglie, si lega sentimentalmente a Dacia Maraini, giovane scrittrice e figlia del famoso ‘viaggiatore’ Fosco Maraini, i reportage si intensificano. È già stato in India, ora con la compagna attraversa Cina, Corea e Giappone, raccogliendo i suoi resoconti da corrispondente nel volume ‘La rivoluzione culturale in Cina’. E poi in Africa, con anche Pier Paolo Pasolini, di cui era amicissimo. In Russia, nella Mosca degli anni Ottanta alla vigilia della perestrojka. In Giappone, dove visita Hiroshima e realizza un’inchiesta sulle conseguenze della bomba atomica.
Forse è dalla noia che fugge, ma sembra non fermarsi mai, Alberto Moravia, instancabile viaggiatore, instancabile osservatore del suo tempo. Instancabile e profondo narratore della contemporaneità, che si tratti delle contraddizioni della ‘borghesia’ o di luoghi lontani sempre più protagonisti della storia. Negli ultimi anni della sua vita sposa Carmen Llera, 45 anni più giovane di lui, viene eletto all’europarlamento di Strasburgo e pubblica la propria (auto)biografia: ‘Vita di Moravia’, in cui si fa intervistare da Alain Elkann. Il viaggio ha fine nel 1990: è il 26 settembre e lo scrittore si spegne nella sua casa di Roma all’età di ottantadue anni.
Francesca Radaelli