di Francesca Radaelli fotografie di Giovanna Monguzzi
Ridare voce al pensiero di Aldo Moro attraverso le parole del “Memoriale” scritto durante la prigionia delle Brigate Rosse. Questo l’obiettivo della lettura scenica che si è svolta lo scorso mercoledì 8 maggio presso il Teatro Binario 7 di Monza, in occasione della Giornata in memoria delle vittime del terrorismo, che si celebra il 9 maggio.
L’opera del giornalista Fabrizio Annaro, dal titolo Il pensiero contro le armi: l’attualità del memoriale di Aldo Moro , per la regia di Guido Garlati e con la partecipazione di Fabrizio Annaro, Guido Garlati e Fabrizio De Giovanni, ha permesso di rivivere i momenti drammatici del sequestro del presidente della Democrazia Cristiana avvenuto a Roma il 16 marzo 1978 con la strage di via Fani e conclusosi con il ritrovamento del suo corpo il 9 maggio in via Caetani. Ma soprattutto ha avuto il merito di far riecheggiare le parole e la visione politica e umana di Aldo Moro, contenuta, oltre che nelle lettere inviate a compagni di partito e familiari, proprio nelle pagine del documento noto come “Memoriale”.
Il giallo del Memoriale di Moro
Un documento affascinante e misterioso, che contiene le risposte di Moro agli interrogatori a cui fu sottoposto da parte dei suoi rapitori, nel corso del processo da parte del “Tribunale del popolo”. Risposte che vennero verbalizzate a mano dallo stesso Moro e poi dattiloscritte dai brigatisti.
Le copie dattiloscritte vengono rinvenute dai carabinieri nell’ottobre 1978 nel covo delle Brigate Rosse di via Monte Nevoso a Milano. Solo nel 1990, in seguito ai lavori di ristrutturazione dell’appartamento, dietro a un pannello apposto davanti a una delle pareti, vengono ritrovate alcune fotocopie dei fogli scritti a mano dallo stesso Moro. Il testo resta incompleto, ma il contenuto delle parti ritrovate è chiaro e lucido.
Vi sono ricapitolate le tappe più recenti della storia d’Italia, riviste e ripensate attraverso le riflessioni di un grande protagonista della vita politica del nostro paese. Vi sono contenuti profetici, come nella parte relativa ai finanziamenti dei partiti che pare anticipare il ciclone di Tangentopoli, destinato a mettere fuori gioco un’intera classe dirigente. Vi è contenuto anche il lucidissimo testamento politico di un grande statista europeo, capace di comprendere il pericolo di un’eccessiva influenza americana nelle politiche degli Stati d’Europa, ma anche il rischio di una loro deriva “tecnocratica”. E poi le considerazioni sulla politica interna ed estera, con un’attenzione particolare alle questioni mediorientali di cui Moro potè farsi un’idea durante l’incarico di ministro degli Esteri.
Una narrazione a più voci
Le parole di Aldo Moro, lette magistralmente dalla voce fuori campo di Fabrizio De Giovanni, riportano indietro nel tempo, a un’epoca che oggi appare lontanissima, sia per i riferimenti a dinamiche e interlocutori politici della Prima Repubblica – su tutte, la questione del compromesso storico con il Partito Comunista Italiano – sia per uno stile di scrittura e una complessità di pensiero ed eloquio distantissimi dal linguaggio politico di oggi, in cui tendono a prevalere gli slogan e a scarseggiare i ragionamenti.
La narrazione in scena è affidata alla voce giornalistica di Fabrizio Annaro, l’autore dell’opera: a lui il compito di contestualizzare e commentare le pagine del Memoriale, con il supporto delle proiezioni di immagini e parole ad opera della scenografa Gaia Capone. Una terza voce, quella di Guido Garlati, riporta altre testimonianze, che permettono di inquadrare la figura di Aldo Moro e lo stesso “caso Moro” da ulteriori angolazioni.
Le parole del Memoriale e delle lettere di Aldo Moro riemergono così dalle pieghe della storia e risuonano nitide di fronte a un pubblico attento e a tratti emozionato: sono le parole di un uomo che non ha cessato di fare politica nemmeno durante i giorni della prigionia. Un uomo che, rivolgendosi ai suoi carcerieri e ai suoi compagni di partito, ha cercato di perseguire una precisa strategia, in cui la sua salvezza sarebbe coincisa con la “salvezza” di un disegno politico che prevedeva il coinvolgimento dei comunisti nell’area di governo e un’Europa più unita e più autonoma rispetto all’alleato americano. Da questa strategia derivano i drammatici appelli, rivolti ai suoi amici di partito, ad abbandonare la strategia della fermezza e della non trattativa.
Appelli rimasti inascoltati.
Il finale della vicenda è noto. Dopo 55 giorni di prigionia le armi vincono sul pensiero e Aldo Moro viene giustiziato. Non ha potuto non emozionare la lettura dell’ultima lettera del presidente alla moglie, accompagnata nel finale dall’intenso vocalizzo Lettera a Noretta, scritto ed interpretato della Mezzosoprano Valentina Volpe e dalle musiche alla chitarra di Alessandro Martin. Alla commozione sono seguiti i lunghi applausi da parte del pubblico.
Una storia da riscoprire
L’iniziativa, promossa dall’Associazione Amici del Dialogo ha visto il patrocinio del Comune di Monza con il sostegno della Fondazione della Comunità di Monza e Brianza.
Presente alla serata anche il sindaco di Monza Paolo Pilotto, che prima dello spettacolo ha voluto condividere un ricordo personale degli Anni di piombo, in cui, ha sottolineato, siamo stati chiamati tutti a reagire all’idea che fosse la violenza e non il dialogo a poter cambiare la nostra storia: “Abbiamo dovuto scegliere da che parte stare, se credere nella democrazia oppure nella violenza del terrorismo, che fosse quello delle stragi o quello delle uccisioni di persone di dialogo, come Galli, Alessandrini, l’ingegner Paoletti dell’Icmesa e lo stesso Aldo Moro”.
Anni e vicende di cui si parla poco, come ha sottolineato Enzo Biffi, introducendo la lettura scenica, ma che sono stati capaci di far registrare un rapido sold out allo spettacolo, destando curiosità, interesse e grande partecipazione di pubblico.
Se di queste vicende, forse, si è perso il ricordo, almeno presso i più giovani, l’auspicio dei promotori è che questa lettura scenica possa diventare un modulo di educazione civica e storia contemporanea da proporre nelle scuole.
Alla fine degli Anni di piombo la democrazia, il pensiero e il dialogo hanno vinto sulle armi. Nel giugno del 1984 la colonna milanese delle BR consegna le armi al cardinal Martini. Forse però se la “strategia” proposta da Aldo Moro nel Memoriale allora fosse stata accolta dai suoi carcerieri e dal suo partito, la storia del nostro Paese avrebbe potuto seguire un corso diverso.
Sicuramente si sarebbe evitata la scomparsa prematura di una figura politica capace di una comprensione degli eventi e di una visione di futuro che avrebbero potuto rivelarsi preziosissime, oggi come ieri.
Ecco il testo dell’opera messo in scena lo scorso 8 maggio al Teatro Binario 7 di Monza
Monza 10 maggio 2024