di Francesca Radaelli
“Dobbiamo fare nesso. Senza pensare alle precauzioni e alle conseguenze. Con tutti, a qualsiasi ora, nei posti più assurdi”.
È questa l’originalissima e geniale esortazione/provocazione che Alessandro Bergonzoni rivolge al pubblico al culmine dello spettacolo andato in scena ieri sera al Teatro Manzoni di Monza. Prodotto da Allibito Srl e diretto dallo stesso Bergonzoni insieme a Riccardo Rodolfi, il monologo dell’attore bolognese è intitolato per l’appunto Nessi.
Nessi giocosi e sorprendenti tra le parole e le frasi, che rappresentano da sempre la cifra stilistica della comicità funambolica di Bergonzoni, un vero e proprio mago delle parole in grado di modellare da solo un universo comico irresistibile. E, ancora una volta, di stregare gli spettatori strappando risate e applausi scroscianti, che a più riprese a fine spettacolo lo richiamano sul palco.
Ma anche nuovi nessi tra parole e vita, parole e sentimenti, parole e azione. Nessi che prendono vita in mezzo alle tre incubatrici posizionate sul palco, su cui si muove la figura di una specie di ‘ostetrico’ magico, Bergonzoni appunto, che questi nessi li aiuta a nascere, anche se ancora prematuri. Nessi sorprendenti, non previsti, che forse di solito non riusciamo nemmeno a concepire, che prendono forma attraverso assonanze e associazioni di parole e di idee. Che fanno meravigliare, sorridere, ridere. Ma in fondo anche riflettere un po’.
Per esempio, se tutti dicono che Dio ha un piano, allora perché non lo suoniamo tutti insieme?
Oppure: che importa se siamo pronti a morire per qualcosa? Perché non ci chiediamo piuttosto se siamo davvero pronti a vivere? Perchè, oltre al certificato di nascita e di morte, non ci preoccupiamo di ottenere anche il certificato di vita?
E perché invece di fare i funerali ai morti, non li facciamo ai vivi? Perché invece di dire la verità in punto di morte non la diciamo in punta di vita?
Ancora: se davanti a Dio gli uomini sono tutti uguali, lo sono anche di fianco? Siamo sicuri di non star guardando in un punto cieco, come nello specchietto retrovisore di un’auto?
E così via in un crescendo di parole che si rincorrono, di personaggi e situazioni che spuntano all’improvviso e prendono forma nella voce di questo alchimista inventore di parole e di nessi che si legano e si slegano tra loro, di immagini apparentemente nonsense ma in realtà legate tra loro da una fitta rete di connessioni linguistiche. Che si allacciano, si slacciano e si riallacciano. Nessi, appunto.
Siate creatori di nessi, dice Bergonzoni. Siate voi i poeti, i comici, i cantanti. Basta ripetere le parole già dette, i modi di dire. Basta citare le parole dei vostri modelli: siate voi il modello di voi stessi.
Nesso per Bergonzoni vuol dire con-nessione. Ma non la connessione di cui si parla tanto oggi quella su Internet, anzi suin-ternet, un concetto ‘un po’ maiale’. La connessione che dobbiamo recuperare non è questa: non sono le immagini tremende di guerra che osserviamo da lontano, non sono le informazioni che ci arrivano dai più remoti paesi del mondo, non sono le relazioni virtuali. I nessi di Bergonzoni sono ‘un fatto di vibrazioni, frequenza, luce’. È da quando siamo nati che abbiamo dei fili che ci legano agli altri, per questo dobbiamo creare nessi. Per riuscire a percepire e a partecipare al continuo groviglio che ci lega tra noi.
Nessi tra un padre e un figlio. Nessi tra io che mi chino ad allacciarmi una scarpa su un marciapiede in Italia e un uomo che in Siria compie il medesimo gesto, ma per schivare una bomba. Sono questi i nessi che Bergonzoni ci esorta a creare e a sentirci addosso.
Perché altrimenti, senza nessi, anche noi rischiamo di essere ‘Invano’, ossia il personaggio evocato a un certo punto dello spettacolo. Quello che, quando lo si chiama, non risponde mai…