Alessandro e Ilda

di Francesca Radaelli

Alessandro Colombo ha 68 anni e abita con la moglie a Monza in quella che oggi è via Prina. Nato a Pitigliano in provincia di Grosseto, nel corso della sua vita è stato funzionario di ragioneria presso le Regie Prefetture di Chiari, Sanremo e Milano, quindi insegnante, per poi ricoprire la carica di ragioniere unico presso la Congregazione di carità di Monza che amministrava l’ospedale cittadino. Ora però il ragionier Colombo è in pensione. E, soprattutto, è diventato nonno.

Siamo nel settembre del 1943 e l’anziano ragioniere è di famiglia ebraica. Cinque anni prima ha dovuto  presentare al Municipio di Monza, insieme alla moglie Ilda Zamorani, la denuncia di appartenenza alla razza ebraica, in aderenza alle leggi per la difesa della razza emanate dal governo fascista.

Arriva l’8 settembre, Badoglio firma l’armistizio, il re d’Italia scappa da Roma, il Paese precipita nel caos. Il ragionier Colombo decide di andar via: a Monza lui e Ilda si sentono in pericolo, meglio trasferirsi in una grande città, a Milano, dove essere riconosciuti è più difficile.

Ma a Monza, nella loro vecchia casa, sono rimaste le fotografie dei loro nipoti. Il ragionier Colombo, che ormai ragioniere non è più, decide di tornare indietro per recuperarle. È un suo vicino di casa a vederlo: lo denuncia come ebreo e lui viene arrestato. È rinchiuso nel carcere di Monza, poi trasferito a San Vittore.

Ilda, sua moglie, per ora è salva a Milano, nessuno l’ha scoperta. Ma non sopporta l’idea di lasciare solo suo marito. Si fa arrestare anche lei.

I due anziani coniugi, dopo una vita passata insieme, insieme affrontano anche la fine. Uno a fianco all’altro, forse mano nella mano, Alessandro e Ilda vengono caricati sul convoglio per Auschwitz il 6 dicembre 1943. Arrivati l’11 dicembre nel lager nazista, sono portati direttamente nelle camere a gas.

Lo scorso giovedì 16 gennaio, in vista della Giornata della Memoria del 27 gennaio, due cubetti di porfido, ricoperti in ottone, con incisi i nomi e le date di nascita e morte dei coniugi Colombo, sono stati posati davanti alla loro casa, nella attuale via Prina in corrispondenza del civico 19. Per Monza si tratta delle due prime pietre di inciampo poste in città. In tutta Europa sono state posate ad oggi più di 75.000 pietre.

Le pietre d’inciampo posate davanti alla loro casa in via Prina 19

Tutto è nato grazie a un artista tedesco, Gunter Demnig, che da alcuni anni gira per il Vecchio Continente e incastona pietre nel selciato stradale davanti alle abitazioni, o a luoghi significativi della vita, di coloro che sono stati deportati nei lager nazisti. Su ciascuna pietra viene riportato il nome, la data di nascita e di morte nel lager. Lo stesso nome che qualcuno aveva voluto cancellare.

A gennaio 2019 anche in Brianza è iniziata la posa delle prime pietre. E il progetto prosegue, grazie al Comitato per le Pietre d’Inciampo di Monza e Brianza, con l’obiettivo di coinvolgere tutti i Comuni, le scuole, le associazioni. E soprattutto i cittadini. Noi.

Perché, come le altre 75.000 sparse per l’Europa, quella di Alessandro e Ilda è una storia che fa la Storia. L’ha fatta e continua a farla. Soprattutto, è una storia in cui vale la pena ‘inciampare’. Anche noi, anche oggi, anche qui.

25 gennaio 2020

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