di Francesca Radaelli
Amanda ha 15 anni quando su YouTube lancia il suo ultimo grido di aiuto. La sua vita è stata distrutta da una foto, la foto del suo seno nudo che qualche anno prima ha inviato a un suo ‘corteggiatore’ virtuale. Quella foto fa il giro del web, iniziano gli insulti e le volgarità, e gli attacchi di panico e depressione. Amanda perde tutti gli amici. Rimasta sola, affida la sua storia a un video, quindi si toglie la vita. Succedeva nel 2012 a Vancouver, in Canada.
Carolina ha 14 anni, a una festa beve troppo e viene molestata sessualmente, derisa e filmata dagli altri ragazzi. Il video della scena viene messo su Internet, ottiene migliaia di visualizzazioni, i commenti volgari si moltiplicano, la rete amplifica ogni insulto. Carolina non resiste, si uccide buttandosi dal balcone. Accadeva nel 2013, in provincia di Novara, e il fatto di cronaca finiva su tutti i giornali e le Tv.
Anche Nadia ha 14 anni quando dopo aver lasciato una lettera alla nonna, si toglie la vita lanciandosi dall’ex hotel Palace di Borgo Vicenza a Cittadella, in provincia di Padova. È il 2014 e gli inquirenti scoprono che era bersagliata di insulti sul social network Ask.com. Un vero e proprio mondo parallelo sul quale la ragazzina cercava di esprimere il suo disagio, ricevendo in cambio offese e volgarità dagli utenti (anonimi) della piattaforma.
Oggi 7 febbraio è la Giornata Nazionale contro il Bullismo e il Cyberbullismo. Secondo i dati Eures, a fine 2019, questi interessano 9 giovani su 10. Su un campione di 1.022 studenti delle scuole secondarie superiori di Roma, infatti, il 66,9% è stato almeno una volta vittima di bullismo, mentre l’81,3% è stato spettatore. E la scuola è il principale luogo dove si sviluppano episodi di violenza (il 57,3% delle vittime afferma infatti di aver subito tali atti all’interno della classe ed il 34,9% all’interno degli istituti).
Le storie di Amanda, Carolina e Nadia ci dicono che il bullismo uccide. E quando viaggia sul web diventa ancora più pericoloso. La rete amplifica ogni cosa, compresi gli attacchi e le risate di scherno del ‘gruppo’. I 2600 like agli insulti contro di lei sono stati un macigno che Carolina non ha sopportato.
La Rete spesso sfugge alla vista e al controllo di insegnanti e genitori. Ma in questo mondo parallelo si svolge gran parte della vita di tanti adolescenti. Ed è stato proprio il papà di Carolina, insieme alla sua insegnante di musica, e anche senatrice, a battersi per far approvare in Italia nel 2017 la prima legge contro il cyberbullismo.
Dentro queste brutte storie, la bella notizia è questa. Il ricordo di Amanda, Carolina, Nadia e le altre non deve spegnersi. Episodi che spesso vengono minimizzati come ‘ragazzate’ possono avere conseguenze drammatiche e talvolta imprevedibili per gli stessi bulli. Per questo è necessario trasmettere i messaggi giusti, soprattutto in una fase critica come l’adolescenza.
“Dobbiamo smettere di pensare che il bullismo sia un rito di passaggio inevitabile per ogni adolescente. Non lo è.” Parola di Barack Obama: l’ex presidente Usa ha raccontato più volte di essere stato lui stesso vittima di bulli da ragazzo, deriso per il suono del suo cognome, e per le sue orecchie a sventola. Internet però ancora non c’era…