di Alessandro Arndt Mucchi
Non è facile trovare una buona notizia nell’anno di Trump, della Brexit e degli innumerevoli attentati bombaroli che giornalmente si ripropongono sulle pagine dei giornali. Il 2016 è l’anno della crisi migratoria che non fa più notizia come i primi giorni dei muri e degli sgambetti, non si parla più dei confini militarizzati, del tunnel sotto la Manica blindato, e i naufragi nel Mediterraneo sono una costante come le vittorie della Juve.
Il 2016, sui social, è l’anno che si è portato via gli eroi di una generazione, da Prince a Gene Wilder, da Alan Rickman a Umberto Eco, da David Bowie a Muhammad Ali e ancora manca qualche giorno alla fine, per la gioia dei venditori di portafortuna di Hollywood.
Se è vero che volendo il 2016 non sarà ricordato come particolarmente felice, non si può certo vedere solo il bicchiere mezzo vuoto: in un mondo con circa 7 miliardi di persone le buone azioni sono per forza di cose tantissime, e una in particolare promette di avere effetti sulla vita di tutta la nostra specie.
Elon Musk, miliardario sudafricano alla guida di Tesla e SpaceX, ha svelato di voler portare gli umani su Marte a partire dal 2024. Detta così potrebbe sembrare una boutade di un eccentrico riccone, ma la storia di Musk ci consiglia di prendere molto sul serio i suoi piani.
Dopo avere dato uno scossone al mondo del trasporto privato con il successo delle sue macchine elettriche Tesla, un vero e proprio status symbol negli Stati Uniti, più rare da noi, Musk ha puntato gli occhi al cielo e conquistato un record storico. I razzi della sua SpaceX sono i primi capaci di andare nello spazio e fare ritorno, o almeno i primi a farlo in termini commercialmente interessanti: lanciarne uno nello spazio costa circa 60 milioni di dollari, ma 55 tornano sulla terra con il suo rientro, rendendo notevolmente meno dispendiosi i lanci successivi.
Musk non è solo un imprenditore però, è un uomo con una visione molto chiara e progressista: la nostra specie è destinata a consumare le risorse su questo pianeta, e prima di quanto si creda sarà obbligata a pensare alla colonizzazione di altri corpi celesti. Marte è il candidato migliore: è relativamente vicino e soprattutto ha un’atmosfera potenzialmente modificabile per renderla respirabile (si parla di sparare atomiche conto le sue calotte polari per scioglierle).
Ingegnere, miliardario, visionario: si dice scherzosamente che a Musk manchi solo un incidente di laboratorio per diventare un supercattivo da fumetto, un ruolo che probabilmente lo diverte vista la nonchalance con cui ha invitato giornalisti da tutto il mondo lo scorso 27 settembre per rivelare i suoi piani di colonizzazione di Marte.
Musk si propone prima di tutto come servizio navetta, i suoi razzi abbattono i costi di trasporto ed è stato calcolato che un biglietto (di sola andata…) per il pianeta rosso costerebbe circa 200.000 dollari, abbastanza per interessare un po’ tutti (si vende casa e si parte, insomma). Mancano però i dettagli sull’effettiva sopravvivenza sul pianeta, o almeno per il momento Musk non ne ha parlato nello specifico, offrendo il fianco a chi parla del suo progetto come di un piano quasi folle.
Anche l’anno del primo lancio, al momento previsto per il vicinissimo 2024, sembra ai detrattori poco realistico, ma Musk tira dritto sempre più convinto che il salto nello spazio sia inevitabile, e su questo in realtà non ci sono molti dubbi. Le obiezioni sono economiche e tecniche, e ci si chiede come generare un ambiente accogliente per la nostra specie su altri pianeti, ma la necessità di guardare oltre il (troppo) piccolo e (troppo) maltrattato orizzonte terrestre è piuttosto evidente.
Scopriremo presto come andrà a finire, già dal 2018 dovrebbero partire i primi lanci di prova senza umani a bordo, per poi arrivare alla spedizione con i primi 100 coloni solo quattro anni dopo. Rimangono molti punti di domanda, ma anche nel caso l’idea dovesse fallire è probabile che venga rimandata al massimo di un centinaio d’anni. Viviamo in un’epoca di splendido fermento tecnologico, e semplicemente non ha senso che in migliaia e migliaia d’anni di dominio di questo pianeta solo 12 dei nostri abbiano mai messo piede su altri corpi celesti.