Armani si racconta. Intervista di Claudio Pollastri

Giorgio ArmaniGentile concessione di Claudio Pollastri, intervista  pubblicata da Studi Cattolici numero 633 novembre 2013. Si ringrazia per la collaborazione

Scusi, Armani, ma è vero che ha disegnato dei paramenti sacri?

Li ho donati alla chiesa di Pantelleria.

Prada veste il diavolo, lei il vescovo?

Un regalo a mons. Domenico Mogavero per l’inaugurazione della chiesa del Salvatore.

Come mai?

Sono credente.

Significa che va a Messa ogni domenica nella Chiesa Madre?

A Pantelleria, vado a Messa la domenica come ogni cattolico.

Un dono alla chiesa dettato dalla fede più che dal business?

L’ho offerto come cattolico non come stilista. E poi, a Pantelleria sono molto legato.

È anche cittadino onorario.

Vengo qui regolarmente da più di trent’anni.

È un tipo fedele.

Mi piace restare legato ai valori che contano.

Per esempio?

La famiglia. Gli amici.

E la religione?

Questione di fede.

Si è mai rivolto alla fede per superare momenti difficili?

Quattro anni fa, quando mi ero ammalato per un’intossicazione alimentare.

L’aveva capito perché è quasi medico?

Mi ero iscritto a Medicina a Milano, ma al secondo anno avevo smesso. L’aveva capito il mio medico.

Che cos’era successo?

Colpa degli integratori che prendevo prima di andare in palestra.

Rimedi?

Solo alimentazione sana e semplice.

Ha avuto paura?

Mi ha aiutato la preghiera.

I paramenti donati alla Chiesa Madre come un ex voto?

La chiesa ne aveva bisogno.

Indossare i paramenti firmati Armani sa un po’ di Messa griffata.

I paramenti portano i simboli sacri, non la mia griffe.

Chissà che cosa direbbe Papa Francesco?

Mi ha colpito dal primo momento. Il suo stile mi piace, conquista subito tutti.

Uno stile povero.

Lo stile della Chiesa e del Papa.

Il suo qual è?

Si basa sui valori che mi hanno trasmesso i miei genitori.

Ce ne può dire due o tre?

Umiltà. Semplicità. Onestà.

Che infanzia ha avuto?

Serena, tranquilla, normale. La mia era una classica famiglia borghese.

Che cosa ricorda?

Le vacanze a Rimini con mia madre.

Pensa spesso a sua madre?

La rivedo al mare con dei pantaloni lunghi blu navy.

In che rapporto è col tempo che passa?

Mi sembra di cancellare tutto. Ma il dolore non se ne va.

Il dolore per chi non c’è più?

Il ricordo non svanisce. Mai con i paramenti di Armani

Profonda tristezza ma anche intensa felicità nella sua vita?

Felicità è… trovare la felicità.

Sembra una massima.

Fa parte del mio carattere.

Che carattere ha?

Esigente. Perfezionista. Caparbio.

Difetti?

Non ho sempre fiducia in me.

Pregi?

Spesso ho troppa fiducia in me.

A che cosa non rinuncia?

Ai miei hobby e alle mie debolezze.

Libro del cuore?

Le avventure di Tom Sawyer.

E dell’anima?

La Bibbia

Che cosa la colpisce in una persona?

L’onestà.

Che cosa la irrita?

La mancanza di onestà.

E le critiche?

Ho imparato a non reagire.

Si emoziona?

Sempre.

Quando?

Nei due minuti che precedono le sfilate.

È positivo?

Significa che ho ancora la carica giusta.

E il futuro?

Spero di non essere dimenticato.

A proposito, è vero che conta più apparire che essere?

Chi si limita ad apparire dura poco. Chi punta sull’essere dura tutta la vita.

Perché puntare alla perfezione?

La perfezione è una forma mentis. Individuale. Innegabile.

Perfezionista e orgoglioso di essere italiano, sembra un ossimoro.

Difendo il nostro coraggio di superare ogni ostacolo e la solidarietà spontanea. Ma detesto i difetti congeniti.

I principali?

Il pressappochismo. La voglia di ridere sempre di tutto.

Lei prende tutto sul serio?

È un altro difetto che mi cuciono addosso.

Invece è anche spiritoso.

Ironico. Me l’ha insegnato la vita.

Vita dura?

Lavoro. E impegno.

Fin dall’inizio?

Dopo che ho lasciato Medicina, ho iniziato all’ufficio stile della Rinascente. Erano gli anni Sessanta e di strada ne ho fatta…

Segue tutto di persona?

Ancora sì.

Perché non delega?

Se sbaglio, pago io.

Il suo segreto?

Essere sempre moderni. È fondamentale Se no non duri.

Altre componenti?

Sicurezza. E autostima. Mai avuto rimpianti.

Mai avuto la tentazione di lasciare?

Quando sento che l’energia mi abbandona. Ma resisto.

Coma fa?

Con altruismo. E disciplina.

Da chi li ha imparati?

Da mio padre.

A chi li ha trasmessi?

Ai miei nipoti.

In cambio?

Mi hanno insegnato a essere più aperto, accettare opinioni diverse. Ma…

Ma?

L’ultima parola è sempre la mia.

Questo la rende felice?

Mi rende felice la salute.

Che cosa la rattrista?

La malattia. Sentirsi solo e del tutto abbandonato.

È preoccupato?

Mi preoccupa il cinismo della gente.

Soluzioni?

Mi aiuta la fede. E una profonda convinzione.

Quale?

Che non ho creato semplici abiti, ma la società.

A questo punto, che cosa le manca?

Chi se n’è andato. Per sempre.

Bilanci?

Tutto sommato, ho fatto quello che volevo. La vita mi ha sorriso.

La ricambia?

Sì, ma non con la carità, con la solidarietà.

C’è differenza?

La solidarietà è un gesto concreto.

E la carità?

È compassione.

Non regala il pesce ma insegna a pescare?

Insegnare un mestiere che permetta ai più sfortunati di guadagnarsi da vivere significa dargli soprattutto una dignità umana.

Per esempio?

Aiuto gli afghani  a produrre i loro tappeti. Ho inviato telai modernissimi e venderò i loro prodotti nei miei negozi. L’incasso ovviamente andrà a loro.

Perché non parla mai delle sue opere di beneficenza?

C’è sempre il rischio che sembri una mossa pubblicitaria.

Come i paramenti della chiesa di Pantelleria?

Amen.

Claudio Pollastri

studi cattolici 633 novembre 2013

 

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