di Francesca Radaelli
E’ stata artefice di una vera e propria rivoluzione femminile all’interno della Chiesa e della società del primo Novecento. Ha contribuito alla nascita dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. E’ stata capace di farsi largo in un contesto dominato da una gerarchia rigidamente maschile senza rinunciare alla propria personalità.
Per tutte queste ragioni la figura di Armida Barelli costituisce un esempio particolarissimo di leadership autenticamente femminile, in grado forse di indicare una strada interessante anche a un secolo di distanza, e a un mondo – il nostro – apparentemente lontano anni luce.
A questa figura femminile decisamente fuori dal comune è stato dedicato, lo scorso lunedì 22 novembre, il terzo appuntamento del ciclo Donne per i nostri giorni, promosso da Caritas Monza e Fondazione Monza Insieme, che , accanto agli organizzatori don Augusto Panzeri e Fabrizio Annaro (conduttore della serata), ha visto la partecipazione del professor Ernesto Preziosi dell’Università Cattolica di Milano e di Valentina Soncini, dirigente scolastico dell’IIs Enzo Ferrari di Monza. Accomunati da una lungo impegno all’interno dell’Azione Cattolica, i due ospiti hanno dialogato tra loro sulla figura della fondatrice della Gioventù Femminile.
Una donna nella Storia
In attesa della beatificazione di Armida Barelli, in programma per il 30 aprile 2022, ripercorrere la storia della vita di questa donna straordinaria significa fare un vero e proprio tuffo nel passato, in un periodo storico di grande fermento, in cui l’associazionismo femminile da un lato e la cultura dall’altro si affermarono progressivamente come potenti strumenti di emancipazione sociale. Ma soprattutto permette di venire in contatto con una figura dalla personalità originalissima, una donna dal carattere forte, ma che non ha mai smesso di cercare sé stessa, di inseguire la propria vocazione in ogni avventura intrapresa, dalla fondazione della Gioventù Femminile dell’Azione Cattolica fino a quella dell’Università del Sacro Cuore.
Srotolando il filo della sua storia dall’inizio, scopriamo che è negli anni del collegio, frequentato peraltro da allieva vivace e indisciplinata, che si manifesta in lei quella domanda sul proprio destino che darà inizio a una ricerca di vocazione, destinata a rimanere costante per tutta la sua vita.
Nel corso della serata, attraverso le parole del professor Preziosi (che è vice postulatore della causa di beatificazione) e la lettura degli scritti della stessa Armida Barelli, si delinea progressivamente la figura di una donna che attraversa la Storia con sorprendente determinazione e fiducia nei propri progetti.
La devozione per il Sacro Cuore
Quando scoppia la prima guerra mondiale è tra gli artefici della consacrazione dei soldati al Sacro Cuore di Gesù. “La diffusione della devozione al Sacro Cuore ebbe una valenza politica e sociale importantissima”, spiega il professor Preziosi, “quella di ri-cristianizzare un mondo che si stava allontanando da Dio, mettendo al centro di tutto l’amore di Dio. Il Cuore di Gesù, il costato aperto, fu una chiamata d’amore immediatamente percepibile anche dalla base popolare”. L’Unione Donne Cattoliche, nata nel 1908 come uno dei rami dell’Azione Cattolica, si impegna in questa azione. Armida Barelli viene posta come segretaria del comitato e riesce a mettere in moto una macchina organizzatrice formidabile, che permette ai simboli di questa devozione popolare di arrivare fino ai soldati, raggiungendo i fronti di guerra.
La Gioventù Femminile
E’ grazie a questo primo ‘successo’ organizzativo che, a guerra terminata, Armida viene chiamata dal cardinal Ferrari della diocesi di Milano e coinvolta nel progetto di creare un movimento femminile cristiano che fosse paragonabile a quello dei giovani della Gioventù cattolica. L’obiettivo del cardinale è quello di fronteggiare le sfide sociali di un dopoguerra in cui le condizioni delle donne sono radicalmente mutate, con l’ingresso definitivo nel mondo della fabbrica, avvenuto forzatamente in tempo di guerra. Insomma, il cardinale le chiede di ‘organizzare’ queste nuove donne in modo cristiano.
E Armida all’inizio dice di no. Non si sente capace, o forse non crede nel progetto. Soprattutto non si fa troppi problemi a esprimere un rifiuto, anche di fronte a un’autorità ecclesiastica. Poi però torna indietro, si convince che un’azione di questo tipo è necessaria. Ed è un fatto di cronaca a convincerla: le allieve di una scuola che, pur essendo cristiane praticante, non hanno il coraggio di proclamare il proprio impegno di fronte a una professoressa anticlericale. “Ha ragione l’arcivescovo”, scrive allora Armida, “bisogna riunirle, istruirle. Dare loro la fierezza della loro fede per far di loro madri capaci di educare cristianamente i figlioli”. E così si butta anima e corpo in un’avventura che si concretizzerà nella Gioventù Femminile.
L’Università Cattolica del Sacro Cuore
E poi nel 1919 dice un altro sì, accogliendo l’invito di padre Gemelli e di Giuseppe Toniolo e iniziando a pensare, con loro, l’Università Cattolica. Pensandola come un luogo di diffusione della cultura non destinato a un’élite sociale, una sfera alta, ma a un pubblico popolare. Lei che, sottolinea il professor Preziosi, “seppure donna d’ingegno, non era un’intellettuale”, matura la convinzione che per tirar fuori dalla minorità le donne occorreva dar loro una dignità di sapere. Scrive: “Studiamo sorelle, formiamoci una nuova cultura, favoriamo in altre una disposizione agli studi. Per glorificare la nostra fede e fare maggiore bene per il nostro prossimo”.
Collabora con padre Gemelli che invece, lui sì, è un intellettuale, uno scienziato, e con lui inizia un sodalizio importantissimo: “Un cammino di mutuo aiuto per entrambi, sulla strada della santità”, lo definisce il professor Preziosi. Ma lei decide di collegare fortemente il nuovo progetto al Sacro Cuore: è attraverso questo simbolo che presenta la nuova università al pubblico popolare. Attraverso l’idea del cuore di Dio che dona il sapere.
Di fatto è lei che trova i mezzi per realizzare il progetto. Formalmente è la cassiera dell’università, in realtà siede ininterrottamente nel consiglio di amministrazione, raccoglie fondi. Si occupa del bilancio in anni difficili, approfittando anche della rete della ‘sua’ Gioventù femminile, che ormai è diffusa capillarmente sul territorio italiano.
Una figura laica ma dentro la Chiesa
Una donna di straordinarie capacità organizzative, ma che ha seguito una vocazione tutta sua: quella di un impegno profondo, e cristiano, ma restando laica. Anche qui indica una strada, che porterà a un riconoscimento sempre maggiore dei laici nella Chiesa e alla fondazione dell’Istituto delle Missionarie della Regalità.
Un modello a cui guardare
Riemersi da questo tuffo nel passato, ci si chiede quale strada indichi oggi la figura di Armida Barelli alle donne della Chiesa. Valentina Soncini sottolinea come stia oggi diventando sempre più necessario fare spazio all’interno delle gerarchie ecclesiastiche alla presenza femminile: “Occorre costruire degli schemi più plurali, non nel senso di ‘quote rosa’, ma recuperando, come ha fatto papa Francesco, il primato di Maria”. In effetti, rispetto al resto della società occidentale, la Chiesa appare piuttosto indietro rispetto al tema della presenza femminile nei ruoli di vertice. “Però questo non significa che le donne debbano entrare per forza con un ruolo maschile. In questo senso la figura e l’azione di Armida Barelli può essere un modello a cui guardare”, conclude Valentina Soncini.
Il modello di una donna che, come sottolinea don Augusto in chiusura, è riuscita a farsi spazio con scioltezza in un mondo rigidamente maschile. Portando la sua personalità, la vivacità del suo carattere, ma anche una dedizione profonda e un dono totale di sé.