Autunno

di Eleonora Duranti

Il racconto di oggi prende ispirazione da uno dei più famosi quadri di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio.

Il Seicento è un secolo contraddittorio. La volontà di realismo si scontra con la fantasia e i classici della mitologia si sovrappongono ai capisaldi della religione. In un periodo così ricco e fiorente di idee, di tentativi innovatori e di riscoperte, il Caravaggio non può che primeggiare sul trono delle Arti. Insieme ai suoi chiaroscuri. Insieme alle sue ombre. E insieme ai suoi segreti. Che ben riflettono quelli di un’epoca. 

L’autunno è il mio toccasana.

Per quanto mi sforzi, per quanto mi distragga, per quanto lo sfugga, non faccio che aspettarlo. Ogni anno. Ogni millennio. In eterno.

Non appena Apollo, con il suo carro, supera lo zenit, un dolce torpore mi assale; così, mi adagio sul mio triclinio, mi avvolgo in un bianco lenzuolo e attendo. Attendo. E attendo ancora.

Attendo di sentire i suoi passi lenti e pesanti, mentre si accinge, finalmente, a bussare alle porte del Tempo.

È diventata un’abitudine, ormai. Io conto i granuli di sabbia che ricoprono il fondo della clessidra e lui avanza, piano, lungo i sentieri del mondo, con il suo scuro mantello, il suo bastone che batte sul selciato e il suo copricapo grondante di pioggia.

Amo la pioggia… Nonostante mi renda terribilmente nostalgico e imprevedibile. Di tanto in tanto, rimango a guardare le piccole gocce che punzecchiano le foglie; resto in piedi, in silenzio, quasi un solo mio respiro troppo affrettato possa rovinare lo spettacolo.

Vedete… Dopotutto, il vino non è la mia unica debolezza. Anzi…

Forse, questo spiritello giocoso e allegro, che ottunde la mente e confonde la ragione, è il minore dei miei mali…

È il mio cuore, il vero colpevole. Questo mio cuore appassionato, innamorato, affamato della vita. Lui soltanto è l’artefice della mia storia e il fautore della mia sregolatezza. Lui soltanto è la mia, inebriante, condanna.

Ma ora basta atteggiarmi da poeta; le Arti non mi competono.

I canti e le forsennate danze delle menadi e dei satiri stanno per celebrare i fuochi fatui del crepuscolo ed io non posso certo mancare. Ho una maschera da indossare. E una reputazione da difendere.

La polpa della melagrana è succosa e gli acini dell’uva sono gonfi come i seni di una puerpera.

Nei giardini, i colori stanno cambiando; nei cortili, l’aria è frizzante e una leggera cortina di nebbia ne sfuma i contorni.

Una voce profonda e roca giunge dai cancelli.

Sorrido.

Bentornato, Autunno. Vecchio amico mio.

Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, Bacco, ca 1596-1597. Olio su tela, 95×85 cm. Firenze, Galleria degli Uffizi.

image_pdfVersione stampabile