Il bene non fa notizia ma c’è

di Aldo Moro da Il Giorno 20 gennaio 1977 (*)

Il bell’articolo di Goffredo Parise sul ‘Corriere della Sera’ di qualche giorno fa, un monito a tener conto della realtà, per quanto sgradevole essa sia, merita qualche osservazione. Fra tante cose giuste quest’acuta analisi contiene punti che giustificano una riserva e stimolano ad una presa di coscienza delle nostre responsabilità.

La tesi fondamentale dello scritto di Parise, in amichevole polemica con dei ragazzi scontenti delle troppe notizie non buone contenute nel giornale, specie nei giorni del Natale, è questa: si tratta di dati che non possono essere soppressi con una scelta arbitraria, con un atto del volere, il quale alteri, appunto la realtà, che è da conoscere e giudicare con la propria testa e senza subire l’influenza di chicchessia.

Vi sono delitti, guerre, incomprensioni, divisioni sempre ed anche naturalmente il giorno di Natale. Così è fatto il mondo. Il giornale, come strumento di informazione, non può certo esimersi dal registrarli. Chi legge ne tragga poi le conclusioni. Una rivendicazione insomma della verità contro l’artificio, un vigoroso atteggiamento di consapevolezza contro una visione compiacente delle cose.

Mi è difficile condividere questo freddo realismo, che mi appare, quanto meno, unilaterale. Non credo, naturalmente, che Parise sia insensibile ai dati positivi dell’esperienza umana e sociale e disarmato di fronte a quelli negativi. Ed infatti, pur legato alla necessità, direi al dovere di constatare il male che è nella vita, egli non manca di rilevare che le cose sono purtroppo diverse da quelle che dovrebbero essere o si vorrebbe che fossero.

L’idea di un mondo veramente umano è dunque presente, ma un po’ soffocata dall’esigenza di registrare e comunicare, mediante un’obiettiva informazione, i fatti di egoismo e di violenza, che emergono dalla vita sociale.

E’ lontana da me l’idea di dare, comunque, un giudizio morale. Vorrei solo rettificare una visione troppo angusta e, forse, troppo rassegnata degli avvenimenti umani  e sociali. Ed infatti si può dire in generale,  si può dire anche oggi, malgrado tutto, che la realtà sia tutta e solo quella che risulta dalla cronaca deprimente, e talvolta agghiacciante, di un giornale?

Certo il bene non fa notizia. Quello che è al suo posto, quello che è vero, quello che favorisce l’armonia è molto meno suscettibile di essere notato e rilevato che non siano quei dati, fuori della regola, i quali pongono problemi per l’uomo e per la società. Ma questa ragione, per così dire, tecnica, questo costituire sorpresa, questo eccitare la curiosità non escludono certo che, nella realtà, alla quale Parise ci invita ad inchinarci, ci sia il bene, il bene più del male, l’armonia più della discordia, la norma più dell’eccezione.

Penso all’immensa trama di amore che unisce il mondo, ad esperienze religiose autentiche, a famiglie ordinate, a slanci generosi di giovani, a forme di operosa solidarietà con gli emarginati ed il Terzo Mondo, a comunità sociali, al commovente attaccamento di operai al loro lavoro. Gli esempi si potrebbero moltiplicare. Basta guardare là dove troppo spesso non si guarda e interessarsi di quello che troppo spesso non interessa.

Questa è la verità delle cose. Questa è la proporzione tra bene e male nella vita. Le anomalie possono essere talvolta vistose, ma vi è una realtà positiva, verso la quale l’attenzione e la segnalazione sono non meno naturali e non meno doverose che non siano quelle che riguardano i momenti negativi della vita umana e sociale.

Il bene, anche restando come sbiadito nello sfondo, è più consistente che non appaia, più consistente del male che lo contraddice. La vita si svolge in quanto il male risulta in effetti marginale e lascia intatta la straordinaria ricchezza dei valori di accettazione, di tolleranza, di senso del dovere, di dedizione, di simpatia, di solidarietà, di consenso che reggono il mondo, bilanciando vittoriosamente le spinte distruttive di ingiuste contestazioni.

Mi rendo conto che la vistosa preminenza nella cronaca (ed anche nella storia) della contestazione arbitraria (che non è naturalmente il dissenso costruttivo) di fronte alla regola pacificatrice non è facile da rimuovere.

Questo fatto di maggiore evidenza non è dovuto del tutto a malsana curiosità, ma in misura rilevante agli elementi problematici (diciamo pure ai temi politici) che l’osservazione della realtà, secondo questo angolo visuale, propone. E tuttavia si insinua così  il dubbio che non solo il male sia presente, ma che domini il mondo.

Un dubbio che infiacchisce quelle energie morali e politiche che si indirizzano fiduciosamente, pur con una difficile base di partenza, alla redenzione dell’uomo.

Una più equilibrata visione della realtà, della realtà vera, è non solo e non tanto rasserenante, ma anche stimolante all’adempimento di quei doveri di rinnovamento interiore e di adeguamento sociale che costituiscono il nostro compiuto nel mondo.

C’è dunque da rammaricarsi se, per un momento almeno, la vistosa prevalenza del male raccontato sul bene taciuto viene meno per dare luogo, come dire, ad una sorta di tregua, ad una meditazione sul bene profondo che è nella coscienza dell’uomo e nell’esperienza del mondo?

E’ quanto richiedevano i giovani corrispondenti ai quali Goffredo Parise risponde riaffermando come mistificatrice qualsiasi pausa natalizia. L’uomo è quello che è, e non è buono solo per un giorno od un istante in obbedienza ad una qualsiasi convenzione. Certo, il mostruoso meccanismo del male, non si ferma per il Natale. Ma noi, tutti noi, nella misura nella quale facciamo più o meno consapevolmente, del male, possiamo sì fermarci un momento a riflettere.

Anche un istante di perplessità, anche un sottile e fuggevole dubbio sulla propria presenza nel mondo, benché possa apparire artificioso, dovuto non alla propria inquietudine, ma ad una convenzione esteriore, può essere significativo e fare pendere, sia pure in misura minima, la bilancia dalla parte della verità, della dignità, della libertà e della giustizia. Può darsi, benché sia tutt’altro che certo, che ciò prepari una inversione di tendenza.

Dobbiamo rinunciare a questa speranza? Non dobbiamo invece forse ritenere che un momento di bontà, un impegno dell’uomo, dell’uomo interiore, di fronte alla lotta fra bene e male, serva per far andare innanzi la vita?

(*) E’ l’articolo che Aldo Moro ha scritto e che Il Giorno ha pubblicato il 20 gennaio 1977. Si tratta di una riflessione scritta dallo statista e malgrado gli anni, risulta attuale e in un certo senso anche profetica. Abbiamo deciso di pubblicarla per mantenere vivo l’appello di Papa Francesco alla diffusione di buone notizie. Si ringrazia Agnese Moro, figlia del Presidente democristiano, che ci ha inviato la riflessione del padre.

 

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