di Paola Biffi
Il flusso di coscienza è tecnica narrativa utilizzata nei romanzi psicologici per riuscire a buttare sulla carta tutto quello che si ha dentro, i dubbi, le emozioni. Flusso, perché non può essere regolato, è disordine scelto, voluto. Coscienza, perché attraverso questo flusso si esprime la verità, per quanto difficile e complessa, delle perplessità che il vivere contemporaneo alimenta.Ho partecipato al campo ‘Io Ci Sto‘ nell’estate del 2017, a Borgo Mezzanone, in provincia di Foggia. Il campo consiste in una settimana di volontariato in cui si gestisce una ciclofficina e un corso di italiano con i migranti che abitano il territorio. E’ anche occasione per approfondire, attraverso momenti di formazione, diversi aspetti del fenomeno migratorio contemporaneo.
Borgo Mezzanone potrebbe essere un punto insignificante in un enorme orizzonte, ma conoscendo la sua storia, gli spazi, le relazioni che si instaurano in esso, si può capire come quel punto sia simbolo e testimone non solo dell’intero orizzonte, ma anche di quello che ci sarà oltre.
Nella borgata abitano 400 residenti, cittadini italiani che, lontani tanto fisicamente quanto culturalmente dalla città, dalla modernità possiamo dire, risentono di tale marginalità, si sentono abbandonati. Per loro è facile sentirsi comunità solo nella negazione verso l’altro. Si crea un Noi quando si è un “Non loro”.
“Loro” sono 2000 e più migranti: alcuni si trovano ospitati nel C.A.R.A., in attesa della risposta della richiesta di asilo, incastrati in un sistema di accoglienza assistenzialista e securitario, non possono cercare lavoro e hanno orari per entrare e uscire dalla struttura. Altri vengono nella borgata perché attirati dall’offerta di lavoro come braccianti nei campi di raccolta dei pomodori, pagati 3 euro all’ora dai caporali, e vivono in una baraccopoli formatasi lungo tutta un ex pista militare N.A.T.O.
Borgo Mezzanone è un territorio di margine, di frontiera, un luogo simbolo del mondo contemporaneo. La dimensione locale dei residenti si scontra con il mondo globalizzato e dinamico delle migrazioni. Si sentono invasi perché non hanno le possibilità culturali per comprendere la velocità del cambiamento, per inserirsi nella contemporaneità frenetica. Per questo motivo diventano facili esche per le politiche securitarie che regalano certezze superficiali, per il populismo che svende risposte immediate e semplici a difficoltà profonde e complesse.
Più volte mi sono chiesta come intervenire, come cambiare le cose: come studentessa di pedagogia non posso che pensare a un progetto educativo sul territorio, un sistema di rete che coinvolga più enti sociali e politici, che muova nella direzione di fare incontrare la popolazione, di dare valore agli spazi di condivisione. Poi però il pensiero viene meno, inevitabilmente: arriva la notizia che Mimmo Lucano è ai domiciliari e il progetto di Riace viene cancellato, i migranti rispediti nelle gabbie istituzionali. Un modello innovativo, funzionante, apprezzato e copiato, viene ridotto a disobbedienza, tutto si appiattisce.
Un flusso di coscienza è forse l’approccio necessario alla difficoltà di mettere ordine, di dare un senso a quello che sta accadendo in Italia, in Europa, nelle aule politiche e nelle piazze. È necessario però dare attenzione e lavorare con la coscienza, per evitare, come sta accadendo, che il flusso diventi incosciente, un vomitare parole vuote, lasciarsi annegare passivamente perché incapaci, resi incapaci, di comprendere la complessità.
Penso alla pista, a Borgo Mezzanone, penso ai migranti, penso agli italiani abbandonati e agli italiani arrabbiati, agli indifferenti, penso al Mediterraneo, a Salvini, penso a Mimmo Lucano, penso alla stazione vicino a casa dopo le dieci di sera e poi ripenso a Elinam, alle ruote delle biciclette aggiustate insieme, e torna l’odore acre della Pista, torna l’impotenza, torna la voglia di cambiare.
Il mondo oggi ci sta chiedendo di navigare questo flusso, di domarne le rapide, di cavalcarne le onde, vivendo gli spazi e le persone, imparando a raccontare, e raccontarsi, come pensieri e storie in movimento. La staticità e l’immobilismo, non è difficile, non portano da nessuna parte.
Il mondo oggi ci sta chiedendo di navigare questo flusso di domarne le rapide, di cavalcarne le onde, vivendo gli spazi e le persone, imparando a raccontare, e raccontarsi, come pensieri e storie in movimento. La staticità e l’immobilismo, non è difficile, non portano da nessuna parte.