di Francesca Radaelli
Trasparenza e pragmatismo. Sono questi i due concetti che forse meglio interpretano lo spirito del seminario che si è svolto sabato 28 novembre ad Agrate Brianza, organizzato dalla Rti Bonvena, e che ha visto coinvolti e interpellati i principali attori politici impegnati sul territorio sul fronte dell’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale.
Trasparenza da parte di Rti Bonvena, rete di cui fanno parte Consorzio Comunità Brianza e Consorzio Sociale CS&L – capofila del progetto – oltre a numerosi altri enti, cooperative e associazioni, che ha voluto illustrare pubblicamente il particolare modello di accoglienza portato avanti sul territorio brianzolo.
Pragmatismo è stata invece la parola d’ordine che ha guidato il confronto politico, che ha visto protagonisti alcuni dei principali interlocutori coinvolti nella gestione di un fenomeno ormai da tutti riconosciuto come strutturale. E da affrontare per questo con un approccio responsabile, che guardi alla prospettiva.
‘Bonvena’ in esperanto significa ‘accoglienza’ e se, come dice Roberto D’Alessio, presidente del Consorzio Comunità Brianza, “si fa presto a mettere insieme mille persone in un posto e a dar loro da mangiare e da dormire e basta”, il modello proposto dalla rete vuole andare oltre, promuovendo un format di accoglienza diffusa non in grandi strutture, ma in piccoli appartamenti dislocati sul territorio, che interviene dunque sul tema dei richiedenti protezione internazionale con una forte attenzione all’impatto sulla comunità locale.
E che per questo ha bisogno della collaborazione fattiva delle istituzioni che operano sul territorio, comuni ed enti locali in primis, chiamati a vivere il loro impegno nella ‘politica’ nel senso più alto del termine, come gestione della cosa pubblica, al di là delle chiacchiere da talk show televisivo o della ricerca di facili consensi elettorali.
Che fare, dunque, in Brianza, di fronte ai migranti? Questo il filo conduttore, e la scelta del luogo del seminario è tutt’altro che casuale: Agrate Brianza è infatti la città in cui si trova uno degli hub che sul territorio provinciale sono destinati alla prima accoglienza temporanea dei richiedenti protezione internazionale.
E proprio il sindaco della città Ezio Colombo, aprendo l’incontro, ha voluto sottolineare l’importanza di affrontare la questione in modo pragmatico: “Spesso misurandomi con le necessità concrete della gestione dei migranti ho fatto fatica a rintracciare il volto vero dello Stato italiano”, ha denunciato. “Spesso ho dovuto misurarmi con istituzioni disarticolate tra loro e mi sono chiesto: ‘Ma in Italia siamo davvero uno Stato oppure no? Siamo di fronte a questioni che non possono essere nascoste sotto il tappeto, né tanto meno strumentalizzate per tornaconto politico, fomentando paure infondate tra i cittadini”.
Il sistema di accoglienza: come funziona in Italia
Il percorso di riflessione non poteva prescindere dall’inquadramento del problema nella sua dimensione più ampia. “Il fenomeno delle migrazioni è strutturale per l’umanità”, ha ricordato il vice prefetto aggiunto Laura Maria Motolese, che ha voluto mostrare che cosa succede proprio fuori da casa nostra attraverso un video particolarmente efficace:
Non meno complesso è ciò che accade all’arrivo in Europa, in particolare in Italia, uno dei principali Paesi di ingresso nel Continente. Da un lato c’è il background articolato e complesso che sta alle spalle di ogni migrante e rende impossibile tracciare un confine netto tra la condizione di rifugiato politico e di migrante economico: in entrambi in casi alla base della migrazione si trova infatti un’istanza di giustizia e di sicurezza. Dall’altro c’è la convenzione di Dublino, che obbliga i richiedenti protezione internazionale a restare nel primo Paese d’ingresso, competente a trattare la domanda e fa sì che l’Italia, in quanto porta d’Europa, si trovi a esaminare un numero enorme di domande, allungando i tempi di permanenza di chi arriva.
“Ciò che dovrebbe concludersi nell’arco di 40-50 giorni si dilata in almeno sei mesi, e gli arrivi nel contempo continuano”, ha spiegato Laura Maria Motolese, che ha voluto utilizzare un’immagine significativa per raffigurare il problema dell’impatto degli arrivi sulla società: “È come una reazione chimica: ci si chiede fino a quando il solvente è in grado di accogliere il soluto.
Ma è importante anche come avviene la reazione: il soluto si scioglie o galleggia? Questo dipende da noi. Siamo noi a dover mescolare”. E il vice prefetto ha avuto parole di apprezzamento per l’esperienza brianzolo, indicandola come un esempio di buona pratica e sottolineando che “in un anno e mezzo di operatività non è accaduto nulla di rilevante sotto il profilo dell’ordine e della sicurezza pubblica, tutte le criticità che si sono presentate sono state risolte”.
L’esempio della Brianza
Il modello entro cui si inserisce l’attività del centro è stato mostrato nel video Una chance a chi arriva in Italia, realizzato da Tmb Tv Associazione Culturale Telelissone, e presentato da Fiorenza Mazzucchi, referente della Croce Rossa, che ha spiegato come, oltre a garantire i servizi di base, all’interno nell’hub si cerchi di coinvolgere le persone sfruttandone potenzialità e competenze, coinvolgendole in una serie di attività per compensare i disagi legati al periodo di permanenza (spesso oltremodo lungo) nel centro.
È stato quindi presentato il rapporto “Il futuro della nostra terra. Riflessioni su identità e convivenza”, il terzo report sull’accoglienza richiedenti asilo in Monza e Brianza realizzato da RTI Bonvena in collaborazione con Il Dialogo di Monza. Il report fa il punto sulla situazione del progetto (lo scenario è aggiornato a novembre 2015) portato avanti dalla rete, impegnata a promuovere un sistema di accoglienza diffusa sul territorio attraverso tre passaggi.
Due strutture di primo intervento, ossia gli hub di Agrate e Monza (via Spallanzani), quindi tre strutture comunitarie di secondo livello sopra 30-40 posti (a Lissone, Limbiate e Carnate), infine gli appartamenti dove sono sistemati i richiedenti protezione, affittati nel mercato privato e messi a disposizione da enti o cittadini.
Roberto D’Alessio ha presentato in particolare il Fondo di Solidarietà Hope, promosso da Bonvena per realizzare azioni non previste dal bando ministeriale, ma fondamentali per dare un’opportunità di integrazione, come borse lavoro e sostegno a progetti individuali, ma ha evidenziato anche la necessità di “fare un maggior lavoro di squadra, anche a livello di istituzioni locali e al di là del confine comunale: perché il flusso degli arrivi va gestito al di là dei confini, con la collaborazione di tutti”.
La politica chiamata al confronto
Nel dibattito che è seguito tra gli esponenti politici sono stati rilanciati alcuni dei temi già introdotti in apertura dalla professoressa Chiara Marchetti, sociologa dell’Università Statale di Milano, che nel suo intervento, dopo aver delineato un quadro complessivo dei movimenti migratori nel mondo, inquadrando la questione nella sua dimensione globale e non solo europea (l’86% dei migranti viene accolto nei paesi in via di sviluppo), ha messo sul tappeto una serie di questioni che chiamano direttamente in causa proprio la politica. L’accoglienza come dovere dello Stato chiamato a garantire un diritto dell’individuo, analogo a quelli all’istruzione e alla salute. In secondo luogo, l’impatto positivo che l’accoglienza può avere sul territorio, legato alla possibilità di creare indotto anche in termini economici. Infine la questione sicurezza e l’integrazione.
Nel corso del dibattito, moderato da Fabrizio Annaro, i vari esponenti politici sono stati quindi chiamati a confrontarsi su tre domande centrali relative all’accoglienza: Che fare? Come fare? (Ossia: la risposta brianzola funziona?) Come affrontare il tema sicurezza?
Cherubina Bertola, vicesindaco di Monza, ha voluto ricordare come il territorio abbia già affrontato un fenomeno per certi versi analogo, la migrazione interna da Sud a Nord degli anni 50-60, sottolineando inoltre come il modello dell’accoglienza in appartamento promosso da Rti Bonvena possa essere un esempio positivo da applicare anche in altri contesti, prima fra tutti la problematica relativa al disagio abitativo.
Pierfranco Maffè, presidente dipartimento Istruzione Anci Lombardia, ha sottolineato come l’idea di trovare soluzione diffuse valorizzi l’identità della Brianza, ma occorra un maggiore investimento in termini di sicurezza, mentre il consigliere regionale Antonello Formenti ha rimarcato l’assenza di una legislazione comune sul territorio, così come la necessità di risolvere i problemi nei paesi d’origine: “Se in questa sala siamo mille persone e ne arrivano altre duemila cosa facciamo?”, ha chiesto provocatoriamente.
“Richiamarsi alle responsabilità dell’Europa è uno ‘scaricabarile’, i migranti non li fermiamo con i titoli dei giornali”, ha replicato Corrado Boccoli, assessore del Comune di Vimercate, precisando come le dimensioni del fenomeno degli arrivi in Bianza siano irragionevolmente amplificate da un certo tipo di stampa e come forse sia opportuno parlare di ‘integrazione’ effettiva più che di accoglienza.
Il consigliere regionale Gian Marco Corbetta ha fatto riferimento alla dimensione globale delle migrazioni, che non si può pensare di arrestare tanto facilmente: “Vorrei ricordare anche i profughi climatici, che fuggono dalle condizioni ambientali sfavorevoli e che costituiscono un flusso inarrestabile. Il fenomeno è strutturale, non si può fermare, è necessario piuttosto investire per ridurre i tempi di attesa e snellire le procedure”. Laura Barzaghi, consigliere regionale, ha deplorato l’assenza dell’istituzione Regione, affermando che se è vero che l’accoglienza non è di competenza regionale, l’integrazione riguarda anche la Lombardia: “Il tema della sicurezza coinvolge la dimensione culturale”, ha puntualizzato, “si ha paura di ciò che non si conosce”.
“Quella di oggi è stata un’occasione positiva di incontro e riflessione condivisa su un tema che siamo chiamati a gestire in modo puntuale e concreto”, ha sottolineato Gigi Ponti, presidente della provincia di Monza MB, evidenziando l’importanza del ruolo rivestito da un soggetto intermedio come Bonvena per superare i ‘confini’ degli enti locali, così come la necessità di dare visibilità e risalto alla storia positiva che la rete di associazioni è riuscita a concretizzare in poco meno di un anno, all’interno di un panorama dominato da cattivi esempi di comunicazione.
Le responsabilità della cattiva comunicazione nel generare un clima sociale ostile all’accoglienza sono emerse anche dagli interventi di Paolo Butti, sindaco di Seveso, che ha fatto riferimento a recenti episodi riguardanti il suo comune amplificati dalla stampa locale, così come da quello di Giuliana Carniel, sindaco di Camparada, che ha lamentato la situazione di difficoltà che è venuta a crearsi nel suo piccolo Comune per l’allarme che si è diffuso tra i cittadini alla notizia dell’arrivo di una trentina di richiedenti asilo.
In conclusione, Giancarlo Brunato, direttore di CS&L Consorzio Sociale, ha voluto sottolineare il coraggio dell’iniziativa e il valore positivo del confronto tra gli amministratori locali impegnati nella gestione del fenomeno dell’accoglienza.
Tirando le somme, dunque, il modello di accoglienza proposto sul territorio brianzolo pare funzionare, pur in uno scenario che presenta ancora diverse problematicità. L’auspicio per il futuro? Partire da ciò che funziona e lavorare concretamente per migliorare i punti critici. Con la collaborazione di tutti, però. In sintesi? Remare tutti nella stessa direzione.
Francesca Radaelli
Fotografie di Giovanna Monguzzi
Pierfranco Maffè, president of ANCI Lombardia Education Department, said that the idea of finding common solution enhances the identity of Brianza, but need a greater investment in terms of security, while the regional director Antonello Formenti stressed the absence of legislation common in the area (by the way I do my assignment to study this), as well as the need to solve problems in their home countries.