“Capricci” d’artista, ovvero Giambattista Tiepolo

Tiepolo-Giovanni_Battistadi Daniela Annaro

Volete vedere un’opera di Giovanni Battista Tiepolo senza trasferirvi né a Venezia, né a Udine tantomeno a Madrid? Presto fatto. Se abitate a Milano, o nelle vicinanze, andate a Palazzo Clerici. “La corsa del carro del sole” vi aspetta. Alzate lo sguardo e il carro di Apollo trainato da quattro cavalli vi stupirà, se amate la pittura veneta, se apprezzate il rococò o se, semplicemente, siete degli appassionati d’arte.

E’ il 1741 quando Giambattista lo realizza su commissione del marchese Anton Giorgio Clerici in occasione della sue nozze con Fulvia Visconti. Tiepolo ha 35 anni quando affresca quel prestigioso soffitto, essendo nato a Venezia il 5 marzo del 1696.

Corsa del carro del sole
La corsa del carro del sole, 1740

Giovanni Battista, figlio di un piccolo armatore, perde il babbo un anno dopo. La mamma Orsetta, nonostante le gravi difficoltà economiche  riesce a mandarlo a bottega da uno dei migliori artisti del tempo: Gregorio Lazzarini, dal quale Giambattista apprende i primi, fondamentali rudimenti tecnici  e storici.

Fa suo un insieme di saperi: si appropria della tradizione pittorica veneta e di una certa teatralità nella rappresentazione. Conoscenze che gli serviranno per tutta la vita  e a cui lui aggiungerà lo studio di maestri come Paolo Veronese, Jacopo Bassano e il Tintoretto, per parlare dei suoi maestri. Un mix che gli  garantirà il grande consenso della committenza, cioè i nobili delle Repubblica veneziana e la chiesa locale. Anche se, vale la pena di precisare che all’inizio la sua pittura risente di una certa “tenebrosità” soprattutto per quel che riguarda i soggetti sacri, una fase giovanile presto superata.

Trionfo di Flora - 1743
Trionfo di Flora, 1743

Fase superata grazie alla sua duttilità, al sapersi adeguare alla richieste del mercato, composto da nobili veneziani e veneti che apprezzano la sua pittura accattivante, sorniona, “rapida e sicura” come scrivevano  i cronisti del  tempo. Non è un caso, dunque, se già nel 1716 diventa pittore di fiducia del doge Giovanni II Cornaro e questo gli spalancherà le porte su tutto il territorio veneto.

Lavora tantissimo anche a Udine, tanto che in quella città lo considerano un concittadino. Poi, quando sul finire degli anni Cinquanta del 1700 non riesce più a ottenere prestigiose committenze, quando cioè la sua pittura così luminosa , arguta, vibrante, dai mirabolanti effetti prospettici non ottiene più gli stessi consensi ,accetta di trasferirsi a Madrid chiamato da Carlo III di Spagna. E’ il 1762. Ci va accompagnato da due dei suoi nove figli, Giandomenico e Lorenzo, avuti con Cecilia Guardi, sorella dei pittori Antonio e Francesco. E’ l’ultimo capitolo della sua vita: decora  tre sale  del Palazzo Reale, sette pale per la chiesa di Aranjuez. Muore  improvvisamente a Madrid a settantaquattro anni il 27 marzo del 1770.

 

 

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