C’era una volta la réclame…

carosellodi Valeria Savio e Enzo Biffi

Il 3 febbraio 1957, a sorpresa, dopo il telegiornale della sera, andò in onda sul primo canale della Rai Carosello, un programma destinato a lasciare il segno nella memoria collettiva dei telespettatori.

Il sipario e la musichetta di apertura erano il preludio a piccoli teatrini pubblicitari, che rappresentavano una novità e che divertirono, stupirono e talora scandalizzarono il il pubblico di quegli anni.

Nessuno, allora, avrebbe potuto pervedere che questo spazio televisivo sarebbe stato l’inizio di un fenomeno commerciale di grande importanza, che avrebbe lasciato un segno nel costume e nel linguaggio, trasponendo nel parlare comune espressioni come “…e ora tutti a nanna…”, oppure “E mo’ e mo’? Moplen!”, mutuate dagli slogan della trasmissione.

L’idea di uno spazio dedicato alla pubblicità era nata dalla consapevolezza, maturata negli anni Cinquanta, che essa fosse uno strumento essenziale per far conoscere imprese e prodotti e favorirne la vendita.

È difficile risalire a chi, esattamente, abbia inventato la formula di questo siparietto. Laura Ballio e Adriano Zanacchi, autori del saggio Carosello story, pubblicato nel 1987 dalla ERI, spiegano che, nel tempo, si sono fatte diverse ipotesi sui nomi di autori ai quali attribuire il merito, tuttavia, dopo accurate ricerche, i due scrittori sono giunti alla conclusione che il Carosello sia nato da un lavoro di gruppo, e che sia frutto di un brainstorming collettivo.

Il successo della trasmissione si può attribuire alla struttura della rubrica, caratterizzata da storie brevi in forma di scenetta comica o di cartone animato, inoltre, il programma aveva un suo spazio orario definito, non invadeva le altre programmazioni con interruzioni, e aveva il merito di portare il mondo della produzione a contatto con un pubblico che era uscito da poco dalla povertà e dalle privazioni causate dalla guerra.

Dopo aver rappresentato un appuntamento fisso per vent’ anni, Carosello è stato eliminato dai palinsesti; paradossalmente a decretarne la fine sono stati i pubblicitari stessi, che ritenevano che la parte dedicata allo spettacolo prevalesse sul messaggio relativo al prodotto, e chiedevano una formula di comunicazione pubblicitaria che fosse più informativa e comparativa.

Così, la sera del primo gennaio 1977, andò in onda l’ultima puntata di questa storica trasmissione, e le réclame furono sostituite definitivamente dagli spot.

Valeria Savio

Al Carosello devo probabilmente la mia insonnia. “A nanna dopo il …” mi sembrava un po’ eccessivo già da bambino. Oltretutto, inevitabilmente, i miei compagni di letto restavano gli eroi appena visti: Giganti buoni, Carmensite, Calimeri e Mariarose mi tenevano sveglio. Più avanti, altri programmi avrebbero popolato le mie notti – ma questa è un’altra storia.

Di quel periodo, televisivo e non solo, ricordo la moderazione. La pubblicità caroselliana aveva lo stesso intento manipolatore e lo stesso potere magnetico di quella di adesso ma arrivava con piacere creativo per una manciata di minuti, addirittura attesi. Era volontà di intrattenimento lento e leggero che faceva il pari con Canzonissima e Studio Uno, programmi volti ad una vocazione popolare che univa adulti e bambini; c’era dentro il pupazzo, l’eroe popolare e pure qualche sex symbol d’allora.

Inutile dire che tutto è cambiato, l’invasività degli spot contemporanei e la velocità degli stessi. Ti si infilano ovunque, una sincopata costante compagnia, ossessiva e sfinente. Una specie di miele appiccicato addosso dal quale è impossibile liberarsi; ovunque ci si attaccano marchi, loghi, videoclip e, come si dice ora, “brand”.

Senza retorica nostalgia mi pare di ricordare quanto tutto in quegli anni fosse più moderato. Il carosello ci ricordava che il boom economico era sì fatto di frigoriferi, merendine e utilitarie, ma poco alla volta, con calma. Comfort e civiltà dei consumi stavano in equilibrio insieme alle torte della nonna e il salto nelle pozzanghere. Quasi nulla ci mancava e quasi nulla avevamo di troppo. Poi vennero gli anni ottanta e fu subito un giro di giostra, di luci, di suoni, di eccessi.

Ora cedo alla mia insonnia e vi chiedo scusa, se ho esagerato in nostalgia è solo perché sento che
Ce l’hanno tutti con me perché sono piccolo e nero” e allora “ Gigante pensaci tu” !

Enzo Biffi

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