Charles Lindbergh, dal cielo al Pulitzer

di Francesca Radaelli

“Difficile non è nuotare contro la corrente ma salire nel cielo e non trovarci niente”.

Così dice una delle canzoni dedicata all’uomo che effettuò la prima trasvolata atlantica in solitaria e senza scali. Lui è Charles Lindbergh e nasce il 4 febbraio 1902 a Detroit. Figlio di emigrati di origini svedesi, divenne un eroe per tutti nel momento in cui, alle ore 22.00 del 21 maggio 1927, atterrò al Champs de le Bourget, nei pressi di Parigi, dopo un volo sopra l’Oceano Atlantico durato 33 ore e 32 minuti. I giornali lo definirono “l’aquila solitaria”, il presidente degli Stati Unti gli conferì la Distinguished Flying Cross, nominandolo nel contempo colonnello di riserva dell’aviazione, mentre la Francia gli attribuì la Legion d’Onore e il Time gli dedicò la copertina come uomo dell’anno.

Aveva 25 anni Charles Lindbergh quando portò a termine  l’impresa e dell’eroe aveva persino il volto e il portamento. Era partito alle 7.52 del 20 maggio dal Roosevelt Field, nei pressi di New York, su di un monoplano che sarà poi ribattezzato ‘The Spirit of Saint Louis’, carico di cioccolata e biscotti. La leggenda vuole che durante la trasvolata ne mangiò otto pacchi, per conservare e reintegrare le energie, ma anche per rimanere sveglio durante la lunga traversata. Nel corso di quelle 33 ore e 32 minuti più volte venne dato per disperso, la nebbia era fitta, localizzare la posizione del velivolo era difficile e a bordo non era presente nemmeno una ricetrasmittente. Quando atterrò, i francesi lo portarono letteralmente in trionfo, il suo aereo fu di fatto smembrato dai suoi ammiratori, che vollero portarsi a casa un ricordo tangibile della storica impresa.

lindbergh

 Eppure il biondo Lindbergh, “il ragazzo del cielo” per dirla con i Pooh, malgrado la sua impresa e il suo volto, non fu esattamente un eroe senza macchia, e nemmeno senza paura.

La sua ‘macchia’ fu in realtà, paradossalmente, una medaglia, o meglio la Croce di Servizio dell’Ordine dell’Aquila che Adolf Hitler gli consegnò nel 1938 e che a quanto pare l’aviatore americano fu particolarmente onorato di ricevere, dal momento che pare avesse accentuate simpatie per il nazionalsocialismo. Sicuramente quando fu esortato dal presidente Roosevelt a restituire la decorazione nazista, Lindbergh rifiutò, e decise anzi di presentare le dimissioni da colonnello al Ministro della Guerra.

La paura fu quella che entrò nella sua vita il 1° marzo 1902, e probabilmente non ne uscì mai. Quel giorno dalla casa di campagna in cui Lindbergh si trovava con la moglie scomparve il piccolo Charles August, suo figlio, di soli due anni. Il bambino era stato rapito, si trattò di uno dei primi casi di sequestro dell’epoca, fece parecchio scalpore sui media e si concluse in una tragedia. Perché i Lindbergh il riscatto lo pagarono ma il piccolo fu ugualmente ucciso e trovato senza vita qualche mese dopo. Del rapimento fu accusato un immigrato tedesco, Bruno Hauptmann che non confessò mai il crimine ma venne ugualmente giustiziato.

E dopo aver attraversato il cielo ed essere precipitato all’inferno Lindbergh, al termine della seconda guerra mondiale prese i penna in mano e iniziò a scrivere. Un nuovo capitolo della sua vita, una carriera, quella di scrittore, che gli valse nel 1954 niente meno che il Premio Pulitzer.

Dopo avere attraversato un oceano passando per un deserto celeste, il grande aviatore decise che valeva la pena raccontare quello che accade sulla terra. E da uomo con macchie e paure dimostrò di esserne capace.

 

 

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