Comprati e Venduti

di Valeria Savio

La Sicilia, splendida regione italiana, con i suoi colori e i suoi profumi, è anche il luogo, in Europa, che conta il maggior numero di giornalisti ammazzati dalla mafia: otto in poco meno di vent’anni. Eppure, fino a poco tempo fa, alcuni di essi non venivano ricordati come vittime della mafia, come Peppino Impastato, che, non avendo il tesserino dell’ordine, non era neanche considerato un giornalista. Tuttavia era un personaggio talmente scomodo, che derideva e denunciava Badalamenti dai microfoni della sua piccola radio libera, che il capomafia ne ordinò l’eliminazione.

Claudio Fava, giornalista, scrittore e politico siciliano, è figlio del giornalista Giuseppe Fava, direttore del giornale I Siciliani, assassinato dalla mafia a Catania nel 1984. Nel 1991 pubblicò, con Nando Dalla Chiesa, il libro La mafia comanda a Catania, che ha vinto il premio Europa ed è l’autore della sceneggiatura del film I cento passi.

Quando gli venne affidato, nel 2014, il compito di stilare la Relazione sul rapporto fra mafia e informazione dalla Commissione Parlamentare Antimafia, Fava capì che quella era l’occasione per dedicarsi anche ai vivi, e per raccontare “la vita grama di troppi giovani cronisti minacciati, vessati, mandati in prima linea senza nemmeno la consolazione di un contratto in tasca”. Questo saggio, nato dalle informazioni raccolte in commissione, parla di loro, ma anche di “quei direttori, quegli editori, quegli inviati che hanno scelto di tacere per convenienza” Così, oltre al ricordo di vittime come suo padre stesso, come Impastato, come Mario Francese, Pino Puglisi e Pio La Torre, lo scrittore racconta le figure ambigue di quei cronisti che intrattengono rapporti cordiali con personaggi aderenti alla mafia e che non ritengono sia loro compito denunciare l’esistenza delle attività malavitose.

Tuttavia, in questo saggio, non c’è solo l’enunciazione di fatti dimostrati dalle inchieste, ma si sente in modo forte la voce dell’autore e la sua condivisibile amarezza che pervade l’esposizione dei fatti. Il senso d’impotenza, la constatazione che negli anni quasi nulla è cambiato e che la mentalità omertosa continua a predominare su tutto fanno sì che i fatti riportati vengano filtrati attraverso gli occhi di un uomo colpito in prima persona, negli affetti più cari, da un sistema di poteri che cerca di zittire chi si ribella al silenzio dando voce ad evidenze che sono sotto gli occhi di tutti, ma che non devono essere raccontate. Inoltre, Fava riesce a restituire dignità alle vittime, quelle vittime che la mafia ammazza sempre due volte, “la prima quando ti leva dalla faccia della terra e subito dopo quando si accanisce contro il ricordo di te”.

 

 

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