di Mattia Gelosa
La piattaforma Netflix ormai sta spopolando fra i teenager (e non solo) grazie alla bontà delle sue produzioni: stiamo parlando di serie tv davvero di ottima fattura dal punto di vista della scrittura, della realizzazione tecnica e anche della recitazione.
Tredici (13 Reasons Why in originale) è una di queste proposte ed è stata anche quella di maggior successo.
Tratta dal romanzo 13 di Jay Asher e prodotta da Selena Gomez, la serie racconta della triste vicenda di Hannah Baker (Katherine Langford), adolescente che decide di togliersi la vita, ma che prima di farlo registra su delle musicassette le 13 ragioni del suo gesto.
Dopo il suo funerale, Clay Jensen (Dylan Minnette), amico e collega di Hanna, riceve un pacco contenente proprio questi nastri: nel primo, Hanna spiega che se qualcuno li riceve è perchè lui stesso è una delle ragioni della sua morte.
Clay, sconvolto, inizia così ad ascoltare le registrazioni per cercare di sapere la sua colpa, ma prima di arrivare al nastro a lui dedicato scopre segreti e crimini impuniti che riguardano alcuni suoi compagni di liceo. Costoro, però, hanno già ascoltato le cassette e temono che Clay possa parlare, rovinando le loro vite.
Tredici è una serie tv consigliata a vari tipi di pubblico, ma è soprattutto una serie educativa, tanto che ora viene proiettata in alcune scuole per dare un monito ai ragazzi!
Il motivo principale della scelta è che il liceo viene mostrato come un luogo che può diventare insidioso: a scuola, anche questioni personali rischiano di finire di dominio pubblico, amplificate dalla terribile eco dei corridoi, dal gusto del pettegolezzo e dalla cattiveria che alberga in fondo all’animo umano.
Bullismo, violazioni della privacy, derisioni pubbliche e drammi famigliari sono poi i temi, attualissimi, che la serie tratta in modo crudo, realistico e violento. Non è un caso che a firmare alcune puntate siano nomi importanti come quello di Gregg Araki o di Tom McCarthy, tutti autori di opere crude e realistiche come Il caso Spotlight (2015), per cui McCarthy ha vinto l’oscar.
La forza di questo lavoro sta quindi nella sua storia, accattivante e capace di calibrare bene generi cinematografici diversi, ma soprattutto nei personaggi veri e credibili.
La scuola è vista con gli occhi dei deboli: ognuno dei colpevoli della morte di Hannah, infatti, è a sua volta una vittima o una persona con dei disagi (timidezza estrema, omosessualità non accettata, alcolismo etc) e finita la serie non si può che provare pena e compassione per ognuno di loro.
Hannah rimproverava agli altri soprattutto l’incapacità di vedere il suo malessere e di averla lasciata sola contro tutti i suo problemi, ma essa stessa è incappata nello stesso peccato, poiché non si è accorta di essere circondata da altrettante persone bisognose e si è chiusa in un egocentrismo distruttivo.
Da Tredici, quindi, impariamo come anche la piccola cattiveria e lo scherzo più innocente possano avere conseguenze gravi, come sia fondamentale imparare ad ascoltare (anche per i docenti!) e come non si debba pensare di essere unici, nel bene e nel male: Hannah non aveva molti più motivi di altri per uccidersi, ma è semplicemente una ragazza che ha mollato.
La condanna del suo gesto è infatti totale e anche in questo sta la forza della serie: portare lo spettatore a condividere la sua scelta vorrebbe dire rischiare emulatori, mentre Tredici serve proprio a debellare questi pensieri.
Intrigante, drammatica e a tratti divertente, questa serie tv ha già fatto la storia degli ultimi anni e ridà vita a prodotti che hanno una finalità che era cara già al teatro greco, ma che spesso si è persa: educare il pubblico e “purificarlo”.
Qui non si impara nulla di trascendentale, certo, ma si fa una lezione di ripasso di umanità e di valori civili che alla società in cui ci troviamo non fa per nulla male.