Covid19: a che punto siamo?

di Roberto Dominici

Abbiamo già avuto modo di descrivere sulle pagine del Dialogo, l’origine, le caratteristiche genetiche e biologiche del virus, i meccanismi alla base della sua interazione con il sistema immunitario umano, la straordinaria risposta della Scienza che, in meno di un anno è riuscita a trovare armi efficaci contro l’infezione, sottolineando anche che la pandemia da SARS COV-2 non sarà né la prima né l’ultima con cui la specie Sapiens dovrà fare i conti. SARS-CoV-2 è ancora presente e potenzialmente pericoloso, ma soprattutto ad esso seguiranno altre pandemie e altri patogeni: investire oggi non serve solo a proteggerci da un virus, ma a poter migliorare lo stato generale dell’igiene e della salute pubblica.

Il gruppo di ricerca in cui lavoro ha dato il proprio contribuito alla analisi della risposta anticorpale umorale in un campione di operatori sanitari, sia positivi al virus che negativi, che sono stati tutti sottoposti a vaccinazione.

È emerso che già dopo 4 mesi dal primo ciclo vaccinale (le prime due dosi) si ha una riduzione della produzione di anticorpi; la risposta è più forte in chi oltre ad essere stato vaccinato ha avuto una pregressa infezione, prima di essere vaccinato.

L’efficacia della risposta anticorpale è sostenuta dagli anticorpi neutralizzanti cioè dotati della capacità di neutralizzare l’interazione tra la proteina Spike del virus e il suo recettore umano l’ACE2 e caratterizzati da una forte affinità e avidità nei confronti del virus. Si tratta di proprietà immunochimiche che descrivono la forza di legame tra antigene e anticorpo.

L’interazione tra il singolo sito combinatorio dell’anticorpo (la parte che lega l’antigene) e substrato antigenico si definisce affinità, mentre il concetto di avidità riguarda l’insieme delle forze leganti antigene e anticorpo. Anticorpi ad alta affinità di legame sono più efficaci nel neutralizzare virus o tossine batteriche rispetto agli anticorpi a bassa affinità. Nel corso della risposta immunitaria si assiste a una maturazione di affinità, cioè a un perfezionamento del legame tra antigene e anticorpo.

Considerando la ripresa dell’epidemia, credo sia utile ricapitolare alcuni concetti, con uno sguardo da un lato all’immediato futuro, e dall’altro a un orizzonte più lontano, che rappresenti un punto di arrivo della nostra coesistenza con SARS-CoV-2, ipotizzando uno scenario almeno possibile o probabile, cui porterà l’ulteriore evoluzione del virus.

Lo scenario futuro della infezione da SARS COV 2, sarà la presenza endemica della malattia, cioè la presenza costante dell’infezione in una popolazione o in una determinata area, nella quale si manifesta in modo continuo o attraverso l’alternarsi di aumenti e di diminuzioni nel numero dei casi osservati. Il termine endemia indica una malattia che è sempre presente in una particolare popolazione o area geografica (per esempio, la dengue è endemica nelle fasce tropicali e subtropicali del pianeta).

In epidemiologia, si dice che un’infezione è endemica in una popolazione quando viene costantemente mantenuta ad un livello di base, in assenza di input esterni (come potrebbero essere, per esempio, le varianti del coronavirus).

La malattia endemica è soggetta a recrudescenze periodiche, ma il numero di casi, più o meno elevato, rimane tendenzialmente costante e persiste indefinitamente. Pertanto per capire l’ulteriore evoluzione della infezione occorre tenere presente almeno due fenomeni: il rapido calo dell’immunità umorale post-infezione e post-vaccinazione e la contemporanea emersione di varianti immunoevasive.

I due problemi  sono legati ed il primo si risolverà con l’utilizzo di vaccini ad ampia durata in grado di proteggere da tutte le varianti; il secondo aspetto riguarda appunto la recente emergenza e diffusione globale della variante Omicron (B.1.1.529) che ha posto una sfida critica all’efficacia di vaccini anti COVID-19.

A causa di molteplici mutazioni della proteina spike, compreso il suo dominio di legame al recettore (RBD) e il dominio N-terminale (NTD), Omicron BA.1 può causare una grave evasione rispetto alla protezione fornita dagli anticorpi neutralizzanti.

Attualmente, la sottovariante di Omicron BA.2 si è diffusa rapidamente in tutto il mondo, superando BA.1. Rispetto al ceppo di BA.1, BA.2 contiene nella porzione del virus denominata RBD, tre mutazioni aggiuntive, e diverse rispetto alla sottovariante BA.1. 

È importante sottolineare che le nuove varianti di Omicron sono ancora continuamente emergenti, e che quelle recentemente apparse contengono sequenze RBD identiche a BA.2 ma con l’aggiunta di altri cambiamenti/ sostituzioni che mostrano un maggiore vantaggio di trasmissione rispetto a BA.2.

Le capacità di legarsi ai suoi bersagli nell’uomo e l’abilità di evasione immunitaria delle nuove varianti richiedono ulteriori immediate indagini ed un attento monitoraggio.

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