Dai barconi alle università. Si chiama così – icasticamente – il progetto inventato dai docenti del dipartimento di Scienze umanistiche di Palermo, i quali – dal 2008, in tempi meno sospetti di oggi – hanno dato vita a una serie di corsi di studio per i tanti migranti sbarcati sull’isola.
Il primo e «storico» insegnamento si chiama Itastra e, con le lezioni distribuite per tutto il corso dell’anno, è una vera scuola di lingua italiana per stranieri: tra i banchi si mescolano studenti europei in Sicilia con il programma Erasmus e donne e uomini provenienti da Egitto, Eritrea, Nigeria, Bangladesh e dalle tutte le altre regioni considerate «a rischio» sul nostro planisfero.
L’obbiettivo «formativo» di Itastra è innanzitutto insegnare grammatica e lessico a tutti gli iscritti, ma non c’è dubbio che l’esperienza siciliana sia per gli studenti-migranti un ottimo modo per integrarsi con la gente della regione. I docenti, dottorandi e studenti italiani che si sono prestati a fare da tutor ai loro colleghi stranieri, infatti, non si limitano a insegnare il bello stilo italico ma accompagnano i giovani in gite per la città, li portano al cinema, organizzano incontri con i negozianti e – quando i numeri lo permettono – mettono persino in scena uno spettacolo teatrale.
Quest’anno, per esempio, la classe di Itastra è salita sul palco del Teatro Biondo di Palermo in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico del master di studi umanistici promosso dall’ateneo siciliano con “Echi della lunga distanza“, un copione fatto di racconti di storie di vita, di fuga e di salvezza. Lo spettacolo non solo ha fatto sold-out ma la fotografia della sua platea, composta da ex-rettori, donne col velo, linguisti di un certo calibro, tirocinanti africani, politici ben vestiti e migranti da poco in Italia, racconta di uomini diversi che hanno trovato un’occasione per convivere.
Ilaria Beretta