di Luigi Picheca
Durante la Santa Messa e poco prima che si celebri il rito della Comunione Eucaristica il sacerdote ci invita a scambiare un segno di pace. Ma cosa c’è dietro queste semplici ma significative parole che abitualmente risolviamo con una tiepida stretta di mano o con una occhiata d’intesa?
C’è un universo di significati che richiederebbero solo un maggior impegno per scoprire che ci dobbiamo impegnare maggiormente nell’ascolto degli altri e soprattutto nell’ascolto di quello che ci viene raccomandato nelle Sacre Letture. Non basta certo partecipare a queste Funzioni per accorgerci che stiamo diventando sempre più soli ed egoisti nella comprensione di chi soffre o ha problemi di sopravvivenza. La “stretta di mano” che abbraccia amici e fratelli dovrebbe comunicare proprio quella mutua comprensione che, prima ancora che cristiana, dovrebbe essere semplicemente ma profondamente umana!.
Lo stare insieme, in comunità, dovrebbe favorire la mutua conoscenza e spingerci così alla comprensione dei problemi che affliggono la nostra società, in grande o in piccola estensione.
C’è chi con coraggio lotta contro i mali che stanno intorno a noi e che noi stessi ci troviamo a vivere silenziosamente per orgoglio o per paura, la paura del diverso ci fa paura perché la consideriamo spesso alla stregua della peste e, come gli appestati, li lasciamo soli e ce ne laviamo le mani.
Chi lotta contro la mafia si trova ben presto isolato, considerato pazzo e destinato a pagare il suo rifiuto di sottostare alle regole imposte con la prepotenza e le minacce.
Non si capisce che stare al fianco di questi cittadini coraggiosi fa bene a tutti e che stare uniti a combattere il male è vantaggioso per tutti.
Ci sono tanti ghetti, troppi, che non permettono alla società di evolvere nella giusta direzione, quella che ci porta ad amare i nostri simili e a condividere le sorti di ognuno dei nostri “vicini di casa” che ci chiedono solo un aiuto morale prima che economico e un po di cibo da condividere gioiosamente insieme.
Luigi Picheca