Chi ha avuto fortuna nella vita si ricorda di coloro (e sono tanti) che stanno peggio? I cosiddetti big sono grandi anche in beneficenza? Le stelle brillano in solidarietà? Le risposte in questo viaggio alla scoperta del senso della prossimità dei personaggi famosi guidato dal giornalista-scrittore Claudio Pollastri“
Numero tre del ranking mondiale di tennis. Numero uno in quello della solidarietà. Jannik Sinner, 22 anni, nato a San Candido cresciuto a Sesto Pusteria, è di poche parole, meglio se in tedesco. Sa come rispondere ai rovesci sul campo ma soprattutto aiutare chi, di rovesci, ne subisce troppi nella vita.
Lo fa in silenzio com’è nella sua natura riservata di ex baby campione di sci che a 13 anni ha preferito abbandonare le piste per impugnare la racchetta “perché se sbagli nel tennis puoi rimediare – mi ha spiegato – nello sci no”. Per un debito di riconoscenza verso la fortuna ha deciso che proprio la racchetta, con tanto di autografo, che gli ha regalato notorietà e quattrini servisse a una causa nobile.
L’ha messa all’asta e il ricavato, 18 mila euro, sono andati direttamente ad Arturo un bambino di 6 anni di Piacenza affetto da Sindrome di Gillespie “spero che gli permetterà di vincere la sua partita che è più importante delle mie”.
Il tifo e gli applausi si trasformavano in un leit motiv di ringraziamento quando i suoi fan avevano saputo che durante le Atp Finals avrebbe devoluto per ogni servizio vincente un contributo di denaro all’Istituto di Candiolo per la campagna “Un Ace per la Ricerca” in collaborazione con Intesa Sanpaolo e Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro “….non sono mai stato così motivato perché sapevo che ogni punto serviva per salvare una vita”.
L’altruismo non ha confini. Ha partecipato a Miami a una giornata di sport e solidarietà dove ha fatto visita a organizzazioni no profit come Miami Rescue Mission che fornisce pasti per i senzatetto “mi sono sentito arricchito dentro nell’aiutare le persone che non hanno niente… un’esperienza che mi piacerebbe rivivere”.
Serio, maturo, in campo ha la freddezza di un veterano però non dimentica i suoi 22 anni. Scherza sul fatto che l’hanno soprannominato carota “più per il colore dei miei capelli che per il fatto di mangiarle, anche se fanno molto bene e le consiglio a tutti”.
Figlio di un cuoco è stato ancora il cibo il suo piatto forte nel contributo personale e autoironico alla lotta contro il Covid. Aveva organizzato sui social l’iniziativa “Sinner Pizza Challenge” dove bastava postare una foto con una pizza fatta in casa che lo raffigurasse per ricevere 10 euro che andavano direttamente alle associazioni “un modo per aiutare il nostro Paese mentre eravamo costretti all’isolamento”.
Una ricetta open entrata nello slam delle pizzeria di tutto il mondo che però non può prescindere dall’ingrediente fondamentale, la solidarietà. Una specie di caccia globale al sosia di Sinner. Ma il suo stile è inimitabile. Come il suo altruismo. Unico.