Chi ha avuto fortuna nella vita si ricorda di coloro (e sono tanti) che stanno peggio? I cosiddetti big sono grandi anche in beneficenza? Le stelle brillano in solidarietà? Le risposte in questo viaggio alla scoperta del senso della prossimità dei personaggi famosi guidato dal giornalista-scrittore Claudio Pollastri
Tra i milioni di telespettatori che hanno seguito la sofferta e accorata meditazione di Papa Francesco davanti alla Madonna di Fatima durante la 37^ Giornata Mondiale della Gioventù (gmg), ce n’era uno, anzi uno special one, che avrebbe scambiato tutti i suoi numerosissimi “tituli” per un posto accanto al Santo Padre davanti alla “sua Madonna”. Perché è portoghese. E’ profondamente cattolico. E più d’una volta l’anno va a pregare a Fatima. Questo “triplete religioso” riguarda Josè Mourinho che attualmente è il mister della Roma.
“Ho sempre avuto un legame speciale con Fatima – mi ha confidato – vado lì spesso in preghiera… la Madonna è la mia guida, il mio riferimento, me l’aveva insegnato mia madre”. Dopo un attimo di pausa meno di un amen aggiunge “ogni estate torno a Setubal, in Portogallo, dove sono le mie radici per insegnare calcio ai bambini poveri… ho ricevuto tanto dalla vita e voglio regalare qualcosa a chi è meno fortunato”.
La sensibilità verso il prossimo non ha confini. Nel 2008 allo stadio di Reggio Calabria gli si era avvicinato un bambino disabile. Subito gli aveva donato un piccolo crocifisso comprato a Fatima e che aveva sempre con sé “volevo che portasse fortuna anche a quel bambino”.
Stessa emozione per il piccolo tifoso romanista che alla Puskas Arena di Budapest si è visto lanciare la medaglia che Mourinho aveva appena vinto “il coraggio della fede, anche calcistica, va sempre premiato”.
Con la stessa determinazione scambiata a volte per provocazione era sceso in campo contro la pandemia al fianco della Commissione Europea per organizzare un evento mirato a raccogliere 7,5 miliardi per combattere il Covid “la lotta contro il Coronavirus è come una partita di calcio, serve lavoro di squadra”.
La spinta interiore ricevuta a Fatima per trovare ogni via che conduca alla solidarietà l’aveva portato a occuparsi di ortaggi quando allenava il Tottenham arrivando a fare circa 2.800 consegne a 1500 famiglie di frutta, verdura ed erbe fresche biologiche, solitamente destinate al ristorante dove mangiava la prima squadra “mi fa stare bene dentro vedere che il cibo del nostro centro sportivo va ai più bisognosi della nostra comunità”.
S’incrociava ancora con Fatima la nuova avventura umanitaria di Mourinho che doppiava nel film d’animazione “Fe” nientemeno che Papa Francesco. Il compenso era andato a un’associazione che si prendeva cura dei bambini portoghesi nati in condizioni sfavorevoli “la mia è solo una voce tra le tante… ci sono cose più importanti di una partita di calcio… chi sa solo di calcio, non sa niente della vita”.
Il calcio può essere una via anche verso la pace. Mourinho aveva promosso un progetto giovanile che coinvolgeva insieme bambini israeliani e palestinesi “vederli giocare assieme era già una vittoria”.
Quand’ero al Chelsea aveva partecipato al progetto umanitario per aiutare i bambini coinvolti nello tsunami del 2004 vendendo a un’asta benefica per 22.000 sterline il suo famoso giaccone “era passato di moda… ma non passa di moda la solidarietà”.
La solidarietà è partecipazione. Così nel 2008 aveva fondato a Dakar in Senegal una squadra di beneficenza chiamata Étoile Lusitana “l’avevo chiamata Lusitania in ricordo dell’antico nome romano che aveva il mio Portogallo”.
E’ nei giorni di festa che appare profondamente stridente il contrasto tra chi brinda e sorride e la solitudine deprimente degli ultimi e degli invisibili. Lo scorso Capodanno ha consegnato generi alimentari e beni di prima necessità alla Caritas nei pressi della stazione Termini “non si deve fingere di non sapere, di dimenticate la realtà… i poveri esistono, sono ovunque e hanno bisogno di tutti noi“.
Abituato a parare critiche e polemiche provenienti da ogni parte non aveva esitato a mettersi tra i pali nella partita di beneficenza organizzata quando sedeva sulla panchina del Manchester United per aiutare le vittime dell’incendio che aveva colpito la Grenfell Tower di Londra “sentivo di difendere non solo la porta ma la vita di molti bambini”.
Alla fine però il pensiero torna sempre alla “sua” Fatima “vedevo Francesco assorto davanti alla statua della Madonna e pensavo che quell’uomo non era il Papa ma un parroco di una nostra piccola parrocchia del nostro piccolo Portogallo”.
C’è sempre una piccola cappella dove Mourinho prega dopo l’allenamento “non è scaramanzia, è fede”. Ma non gli basta. Succede di vederlo di notte soffermarsi in una Piazza San Pietro deserta a recitare a fior di labbra un’avemaria che vola direttamente tra le braccia della Madonna di Fatima. Che nel suo cuore ha un posto speciale “…special com’è Lei!”.