Chi ha avuto fortuna nella vita si ricorda di coloro (e sono tanti) che stanno peggio? I cosiddetti big sono grandi anche in beneficenza? Le stelle brillano in solidarietà? Le risposte in questo viaggio alla scoperta del senso della prossimità dei personaggi famosi guidato dal giornalista-scrittore Claudio Pollastri.
Ha saputo conquistare subito gli orfani televisivi di Terence Hill con la tonaca, anzi il clergyman di Don Massimo nella fiction di Rai 1 Don Matteo.
Ma Raoul Bova da molto tempo ha conquistato il cuore di chi soffre facendo beneficenza.
Ultimamente sta collaborando, tra un set e l’altro, con la Croce Rossa nella distribuzione gratuita di pasti e medicine ai più bisognosi “voglio aiutare l’Italia a uscire da questo momento drammatico…”. Colpito dalla generosità umana dei volontari vorrebbe dedicare una serie tv agli eroi delle emergenze “…la studiavo da tempo, ora con il Coronavirus è diventato un progetto concreto…”.
Generosità a volte fa rima con ospitalità. Ha messo a disposizione la sua masseria di Montalbano di Fasano (Ostuni) a chi si trova in difficoltà per l’emergenza sanitaria provocata dal Coronavirus “oggi è più che mai necessario aiutare il prossimo in tutti i modi possibili”.
Prima della veste di don Massimo, aveva indossato il saio di San Francesco “un’esperienza che mi ha segnato dentro”. Un segno così profondo da sensibilizzarlo su ogni iniziativa rivolta ai più poveri tra i poveri come Le domeniche di San Francesco, eventi natalizi per il progetto Parco della Mistica, a Roma.
Diventato popolare in televisione come Capitano Ultimo, non ha mai dimenticato gli ultimi. Ha creato l’ente benefico Associazione Volontari Capitano Ultimo Onlus che raccoglie fondi per promuove la cultura della legalità “iniziative a sostegno dei più deboli come l’apertura di case-famiglia, centri di educazione ambientale, laboratori di formazione”.
Tra i tanti ruoli per fiction, ne ha interpretato uno reale, quello di cameriere per una sera a favore dei terremotati dell’associazione Vico Radio servendo ai tavoli le specialità delle zone devastate dal sisma come l’amatriciana.
Sensibile al dramma dei migranti ha fatto dieci scatoloni pieni di vestiti e giocattoli e li ho portati alla comunità di Sant’Egidio “dobbiamo aiutare chi viene dagli altri Paesi, perché un giorno potremmo avere bisogno noi di una mano tesa”.