di Francesca Radaelli
Una scuola, anzi una palestra di valori, un veicolo efficace per l’educazione dei più giovani, un mezzo per promuovere la relazione e la conoscenza reciproca, anche tra persone con culture e lingue diverse.
Lo sport ha in sé una dimensione etica fortissima: insegna a rispettare le regole, a lavorare in squadra, ad allenarsi con tenacia in vista di un obiettivo. Ed è proprio questa dimensione etica che oggi deve essere salvata a tutti i costi. E a tutti i costi difesa dal morbo del razzismo, che si insinua sempre più non solo negli stadi, ma anche sui campi di calcio dei ragazzini.
Se ne è parlato martedì al Binario 7 di Monza, nel corso del convegno Etica e valori nello sport, promosso dalla UPF Universal Peace Federation. Un appuntamento che ha visto la partecipazione di un nutrito pubblico e ha dato visibilità ad alcuni progetti sportivi virtuosi del territorio.
Un appuntamento che è coinciso con l’anniversario della Dichiarazione dei diritti dell’uomo, firmata il 10 dicembre di 71 anni fa all’Onu e oggi ancora fragilissima: “Rileggendo la Dichiarazione ci si può domandare a che punto siamo oggi sul fronte dei diritti, e soprattutto dove stia oggi l’etica”, ha sottolineato Ettore Fiorina introducendo la serata. “La dimensione etica è fatta di valori, che se ben radicati hanno più forza dei diritti. Ma questi valori devono essere testimoniati in maniera positiva, soprattutto nello sport”.
E la serata, organizzata da Carlo Chierico, presidente UPF Monza, e moderata insieme a Fabrizio Annaro, direttore del Dialogo di Monza, ha proposto proprio una serie di testimonianze dello sport migliore provenienti dal territorio di Monza.
A partire dal Trofeo della Pace, il torneo interetnico di calcio organizzato ormai da 14 anni dalla UPF nel mese di giugno: lo spirito dell’iniziativa è stato trasmesso ai presenti attraverso la proiezione del cortometraggio sull’edizione 2019, girato dai ragazzi dell’Istituto Superiore Meroni di Lissone sotto la guida della prof.ssa Maria Rosaria Marra.
Lo stesso spirito si ritrova nel Sanrocco UPF, squadra di calcio del quartiere San Rocco impegnata quest’anno nel campionato CSI di calcio open a 7 ed composta da giovani giocatori di etnie differenti del territorio. Marocchini e siriani, italiani e nigeriani: “La grande sfida per noi è tenere insieme il mondo in una squadra”, ha sottolineato il vicepresidente William Brioschi.
L’intervento di Gaia Dadati, giovane giocatrice del Fiammamonza ha trasmesso tutto l’entusiasmo femminile per il calcio, mentre Mauro Pregnolato, campione italiano di mezzofondo e oggi atleta master, ha raccontato la bellezza di tornare a praticare sport da ex-campioni, riuscendo a scoprire uno spirito di squadra anche in uno sport considerato ‘individuale’.
Della bellezza formativa di uno sport a cui la Brianza ha dato grandi campioni, la ginnastica artistica, ha parlato Sonia Ronconi, direttrice tecnica nella Forti e Liberi, dopo la visione del video sull’esercizio alla sbarra che ha fruttato la medaglia d’oro Olimpiadi Atene 2004 al ginnasta brianzolo Igor Cassina: “La ginnastica è uno sport che si inizia a praticare all’età di quattro o cinque anni: consente di forgiare la personalità di bambini piccolissimi. Insegna la tenacia e l’umiltà di rialzarsi e riprovare l’esercizio, il coraggio nel provare a superare le paure e in fondo anche le leggi della fisica”.
E poi ci sono le belle storie del Rugby Monza, che dopo le partite giocate con i detenuti della casa circondariale di Monza, ha varato un nuovo progetto finalizzato all’inclusione delle persone che stanno ai margini. Si chama Invictus, come il film girato da Clint Eastwood sulla squadra sudafricana di rugby al tempo di Nelson Mandela, ha l’obiettivo di favorire l’inclusione e l’integrazione dei migranti e coinvolge oggi nove i ragazzi ospiti del CAS di via XX Settembre di Monza, che frequentano gli allenamenti della squadra: “Il rugby rappresenta un potente strumento di aggregazione, insegna a muoversi insieme, a strettissimo contatto fisico, ad aiutarsi e sostenersi reciprocamente, a fare gruppo”, ha spiegato Stefania Iannizzotto.
“Lo sport appare oggi come uno dei ‘salvagente’ della nostra società”, ha riflettuto Fabrizio Annaro commentando la presentazione delle diverse iniziative. “All’interno di una squadra le differenze si annullano, anzi non si capisce nemmeno più quali differenze ci siano, diventano inconsistenti come dei fantasmi. Serate come quella di oggi dimostrano che questi fantasmi possiamo spazzarli via con un soffio”.
Questo è anche l’obiettivo con cui i giornalisti Massimiliano Castellani e Adam Smulevich hanno scritto Un calcio al razzismo, libro edito da Giuntina editore, presentato al termine della serata: “L’odio sui campi di calcio affonda le sue radici nei drammi della storia europea del Novecento, nei campi di concentramento in cui si svolge la partita tra carnefici e internati raccontata da Primo Levi: il pericolo oggi è l’aumento di episodi di antisemitismo e razzismo nel mondo del calcio”, ha sottolineato Massimiliano Castellani. “Per questo abbiamo voluto raccogliere 20 storie contro il razzismo e raccontarle, soprattutto ai ragazzi”.
Dalla storia dei ‘maestri’ ungheresi della serie A epurati dal regime fascista a quella di Lilian Thuram, che della lotta al razzismo ha fatto la sua battaglia, anche fuori dal campo. “Lo sport deve diventare simbolo di fratellanza: in fondo discendiamo tutti da Lucy, veniamo tutti dall’Africa. Per azzerare l’odio è fondamentale riuscire a trasmettere il senso della storia reale ai ragazzi: se i loro genitori sugli spalti lo hanno perso, tocca agli allenatori farsi educatori in campo”.
In avvio di serata l’assessore allo sport del Comune di Monza Andrea Arbizzoni lo aveva affermato con forza: “Serve un patto generazionale tra allenatori, genitori e ragazzi, anche per andare oltre l’esasperazione della vittoria a tutti i costi”. E recuperando magari quella cultura della sconfitta di cui parlava il grande allenatore Bearzot: la sconfitta da cui si può imparare, che aiuta a crescere.
Rispetto delle regole, spirito di squadra, conoscenza reciproca per annullare le differenze: insegnare questi valori su un campo di calcio, o di rugby, in pista o in palestra, vuol dire investire nel futuro. Non solo dello sport, ma dell’intera società.