Dino, il buon samaritano della Stazione Tuscolana

di Francesca Radaelli

Questa storia comincia da un incontro. Dal piacere di fare quattro chiacchiere. E da un naturale e umanissimo desiderio di far sentire un po’ meglio la persona con cui ci si trova, un po’ per caso, un po’ per curiosità, a fare una chiacchierata. Questa storia comincia poco più di dieci anni fa, a Roma, alla Stazione Tuscolana. Un signore senza fissa dimora chiede qualche spicciolo, per un caffè. Dino Impagliazzo, pensionato, si ferma a parlare. Davanti a sé vede soprattutto un proprio simile in difficoltà. Ce ne sono tanti, è vero. Ma quel giorno Dino ha incontrato lui.

E dal desiderio istintivo e vitale di aiutare questa persona nasce qualcosa che negli anni diventerà sempre più grande. Che si farà largo per le strade di Roma. E oltre. Perché questa storia, la storia di Dino Impagliazzo, pensionato di Roma, è approdata fin sulle frequenze delle televisioni e sulle pagine dei quotidiani.

La cosa bella di questa storia è che non comincia con un progetto visionario, ma con un impulso istintivo. Quello di risolvere un problema concreto, di rispondere a un bisogno preciso. Dino ascolta e fa domande. Apprende che durante la settimana i senzatetto della stazione ricevono cibo e aiuto ma è di domenica che nessuno ha il tempo per occuparsi di loro. Dino è cristiano, per lui la domenica è il giorno del Signore. E pensa che non sia giusto che, proprio la domenica, qualcuno abbia fame.

E allora decide di occuparsi lui dei pranzi della domenica. E l’idea pian piano prende corpo. Un’idea semplice: dare da mangiare a chi non ne ha.

Come? Inizialmente Dino, con l’aiuto della moglie e di alcuni amici, prepara qualche ‘panino della domenica’, da portare in stazione e condividere. Poi pensa che sarebbe bello poter offrire un pasto caldo e allora, in un istituto religioso, trova una cucina pronta a ospitare i cuochi e le cuoche solidali. Che inizialmente sono poco più di una manciata, ma poi iniziano ad aumentare, sempre più.

Occorre anche trovare il cibo da cucinare. Ma basta guardarsi intorno: e vedere per esempio la frutta e la verdura che avanzano dopo una giornata di mercato, i pomodori e le carote che nessuno ha comprato e che vengono lasciati marcire. Uno spreco, pensa Dino. E si rimbocca le maniche.

Oggi Dino, che ha 86 anni e un camioncino bianco, gira per i mercati rionali, ma anche nei negozi di alimentari e supermercati. Chiede di consegnare a lui i prodotti in scadenza rimasti invenduti. E i commercianti sono ben contenti di farlo. Oggi contro gli sprechi alimentari c’è persino una legge e donare i prodotti in eccesso, che sarebbe costoso smaltire autonomamente, ai commercianti conviene ancora di più. E se anche gli ortaggi a disposizione di Dino sono un po’ ammaccati, pazienza…si possono preparare ugualmente delle zuppe buonissime.

Oggi Dino non è solo. Sono passati dieci anni ed è nata un’associazione, RomAmor, che conta circa 300 volontari. Sono loro, insieme a lui, a cucinare e a condividere ogni sera un pasto caldo e qualche parola con gli abitanti della Stazione Tuscolana.

È il mondo intero a sfilare davanti a Dino  quando porta da mangiare ai senzatetto della Tuscolana. A chi è musulmano si offre un panino speciale, senza maiale, perché anche chi ha fame ha il diritto di rispettare la propria cultura. Ma in stazione non ci sono solo stranieri. Le persone come Dino hanno imparato a conoscere e capire le storie di tutti. Quelle degli italiani, che hanno perso la casa dopo essere stati licenziati o magari dopo un divorzio. Quelle di chi ha lasciato una parte di sè in Africa o in altri continenti lontani. Ora ad accomunare tutti loro non ci sono solo la fame, il freddo e la solitudine. Ora c’è anche un pasto caldo. Da condividere insieme.

È una piccola grande storia, quella di Dino, pensionato di Roma. Che dimostra come, dopotutto, non occorre avere chissà quali potenti mezzi per aiutare chi ci sta vicino. E si può essere cittadini del mondo anche senza andare chissà dove. Anche solo rimanendo fermi in una stazione di Roma. Purché si faccia lo sforzo di guardare oltre il proprio naso.

Francesca Radaelli

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