Una doppia pena. È quella che molti detenuti milanesi, una volta entrati in carcere, scontano a causa delle difficoltà che incontrano nell’affermare i loro diritti di giustizia. E che, oltre ad essere iniqua, rischia di incidere negativamente sul recupero dei detenuti stessi. A porre l’attenzione su questo aspetto del mondo carcerario è la ricerca che è stata presentata oggi dal SOUQ, il Centro Studi Sofferenza Urbana della Casa della carità.
Condotta negli istituti di San Vittore e Bollate dalle ricercatrici Lucia Dalla Pellegrina e Margherita Saraceno, l’indagine sottolinea come sia difficile per i cittadini privati della loro libertà risolvere questioni legali precedenti la detenzione o sorte in seguito all’ingresso in carcere, che però non sono legate al reato commesso. Nel primo caso, ci riesce solo il 15 per cento, nel secondo si oscilla tra il 9.3 per cento di Bollate e il 15.5 di San Vittore. Dati preoccupanti che, però, sono stati raccolti grazie alla collaborazione del personale e degli stessi detenuti delle due carceri, tra cui i membri dell’Associazione Articolo 21.
I risultati
Gli ostacoli al pieno accesso ai diritti fondamentali e di cittadinanza e i limiti alla risoluzione delle questioni legali (specie nell’ambito del diritto di famiglia e civile-amministrativo) colpiscono in prevalenza soggetti che sono già maggiormente vulnerabili perché stranieri o privi di una rete di supporto all’esterno del carcere quale, ad esempio, la famiglia. Benché gli istituti di detenzione organizzino servizi a supporto della risoluzione dei problemi legali e amministrativi dei reclusi, la detenzione rappresenta in sé il paradosso dell’essere “dentro il sistema giustizia” ed esserne al contempo esclusi. Questo, non solo rappresenta un serio problema di equità e giustizia, ma presumibilmente riduce la possibilità di associare al percorso detentivo una valenza riabilitativa e di recupero dei detenuti. Il presente lavoro descrive un primo tentativo di mappare i principali bisogni legali dei reclusi attraverso una survey condotta nel 2014 tramite un questionario tra pari (sottoposto ai detenuti da detenuti-somministratori) presso la Casa Circondariale di San Vittore (Milano) e la Casa di Reclusione di Bollate.