di Francesca Radaelli
I diritti umani duemilacinquecento anni prima della dichiarazione del 1948. Nel mondo greco e latino, in particolare, in quell’antichità classica in cui affondano le radici di buona parte del pensiero occidentale. Questo è l’argomento dell’ultimo saggio del classicista e antropologo Maurizio Bettini. Il titolo è “Homo sum. Essere umani nel mondo antico”. E in occasione dell’anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, firmata il 10 dicembre 1948, è questo il consiglio di lettura che voglio dare ai lettori del Dialogo di Monza.
In un momento storico in cui alcuni dei diritti umani scritti nella dichiarazione sembrano messi in discussione da più parti in nome di nazionalismi ed egoismi di vario genere, Bettini si interroga sul senso di umanità degli antichi. E parte proprio da un tema caldissimo anche oggi: il soccorso dei naufraghi e l’accoglienza dello straniero.
Il saggio inizia infatti con il naufragio di Enea, e dei suoi compagni fuggiti da Troia, sulle coste dell’Africa, in prossimità di Cartagine. Inizialmente, racconta Virgilio nell’Eneide, i Cartaginesi non si dimostrano per nulla accoglienti con i naufraghi, minacciano di dar fuoco alle loro navi. “Che stirpe di uomini è mai questa? Ci nega accoglienza alla riva, viene ad aggredirci. Se disprezzate il genere umano, temete almeno gli dei, memori di giustizia”: così dice Ilioneo, uno dei compagni di Enea. Le sue parole, sottolinea Bettini, riecheggiano la descrizione di Polifemo nell’Odissea, il mostro inumano che non conosce le leggi dell’ospitalità, nè il rispetto per la divinità.
Perché il non soccorrere i naufraghi per gli antichi è qualcosa che allontana dall’umanità, un atto mostruoso come il ciclope con un occhio solo, e che proprio per questo viene punito dagli dei. La divinità è una sorta di garante dello ‘ius humanum’, espressione che traduce come un calco perfetto il nostro ‘diritto umano’.
Lo storico latino Livio dice che venne violato lo ius humanum quando Mezio Fufezio, accusato di tradimento, fu condannato a essere squartato vivo da due cavalli: il concetto di diritto nel mondo latino compare nel momento in cui il diritto viene violato. Anche oggi del resto, riflette Bettini, il diritto umano è spesso legato allo standard di trattamento che deve essere imposto dall’oppressore all’oppresso (basti pensare alla tortura). Nel mondo antico però al concetto di ‘diritto’ viene preposto quello di ‘dovere umano’, cioè comportamento che viene richiesto dalla divinità a tutti gli uomini, e la cui violazione determina una punizione degli dei.
Da un autore antico all’altro, da Sofocle a Cicerone, dall’epica alla storia alla tragedia alla filosofia, Bettini scandaglia il pensiero antico in cerca delle radici di quell’idea di umanità che sta alla base della Dichiarazione Onu del 1948. Le cerca, si badi bene, in un mondo lontanissimo dal nostro, in cui nessuno metteva in discussione l’istituzione della schiavitù, mentre chi non seppelliva i morti andava incontro all’ira della divinità.
L’immagine più forte, soprattutto se riportata alla situazione presente, è forse quella dei sacerdoti cosiddetti Bouzúgai. Il loro nome significa letteralmente “aggiogatori di buoi” ed erano protagonisti della cerimonia di aratura sacra che si svolgeva ogni anno in Attica: a loro era affidato il compito di lanciare maledizioni contro tre categorie di persone, ritenute pericolose in quanto violatrici dei ‘doveri’ umani fondamentali. Le persone ‘maledette’, che sarebbero incorse in una punizione divina certa e ineluttabile, erano: coloro che negavano fuoco o acqua a chi ne faceva richiesta; coloro che si rifiutavano di mostrare la strada a un viandante; coloro che lasciavano insepolto un cadavere.
Difficile non pensare al nostro mondo, percorso da viandanti / migranti che ancora chiedono acqua e accoglienza sulle nostre coste, che magari hanno il gps per orientarsi ma spesso sono lasciati soli sulla strada sbagliata, e che negli scenari peggiori finiscono in fondo al mare senza nessuna sepoltura.
In fondo il libro di Bettini ci stimola a provare a cambiare prospettiva. A rileggere i loro diritti umani come i nostri doveri umani. E a guardarci dalle maledizioni dell’aggiogatore di buoi…