Vi ricordate? Quasi un anno fa vi avevamo raccontato dell’esperienza ad Haiti di una volontaria un po’ particolare: Donatella di Paolo, telegiornalista. Un viaggio segnato dalla recente guarigione da un brutto tumore al seno. Come molti altri volontari, Donatella non ha saputo resistere al bisogno di tornare tra i bambini disperati dell’isola caraibica. E infatti, a gennaio 2016, Donatella è tornata non solo per la Fondazione Rava, ma con un altro impegnativo progetto fortemente voluto dalla Fondazione Umberto Veronesi.
Ecco il suo racconto.
Una task force per aiutare a vivere donne che hanno a che fare con la morte tutti i giorni. Un team, quello voluto dal professor Umberto Veronesi, che si pone come obiettivo quello di aiutare le donne di Haiti, uno dei paesi più poveri al mondo, a prevenire e combattere il tumore al seno. Tumore al seno. Tre parole, sembra impossibile, sconosciute dalla maggior parte della popolazione.
Eppure il tumore al seno è la seconda causa di morte per tumore della popolazione femminile haitiana, dopo quello dell’utero.
Questa bellissima isola dei Caraibi è un paese stremato dal terremoto del 2011 che ha causato oltre 200mila vittime. E ha lasciato tantissimi bambini senza madre. Salvare le donne significa salvare vite umane, ma anche non lasciare soli al mondo altri bambini. La loro è già un’esistenza difficile, un bimbo su tre muore prima dei cinque anni per malattie curabili.
Ne vedi a centinaia ricoverati all’ospedale Saint Damien il più grande ospedale pediatrico dei Caraibi che può assistere gratuitamente fino a 80mila pazienti l’anno. La maggior parte sono macilenti, intubati, solo occhi spalancati e vuoti.
E allora è da qui che siamo partiti. Da quelle donne, madri, sorelle, zie, nonne che trascorrono i giorni su una sedia accanto ai lettini ad assistere i loro piccoli nella speranza di vederli guarire.
Le avvicini e ti sorridono nonostante tutto il dolore perché hai l’impressione che per loro parlare con una donna, una volontaria, anche se bianca, anche se nata in una parte meno sbagliata del mondo, sia un balsamo per l’anima. E’ un attimo di tregua e di speranza. E’ un attimo che dedicano a loro stesse e con il sorriso ascoltano quello che tu racconti loro di un male del quale spesso non sanno neppure l’esistenza.
Quello stesso male, non puoi fare a meno di pensarlo, che qui in Italia è una lotta certamente non vinta, ma contro cui tanto si è fatto e si continua fare. Ed è grazie a questo che io sono viva.
Un altro posto dove è possibile incontrare tante donne è Manitane, una piccola ala accanto all’ospedale Saint Damien. E’ qui che nei nostri progetti dovrebbe sorgere il centro di informazione e diagnosi “Breast Cancer” , a project by “Fondazione Umberto Veronesi”.
Chissà perché se socchiudo gli occhi già lo vedo, una scritta che si staglia su quel cielo azzurro e pulito.
Centinaia di donne incinte attendono pazientemente il loro turno per essere visitate. Da sottolineare che in tutto l’ospedale non esiste un ecografo. Parlano con gioia e ascoltano con attenzione quello che racconti loro e avverti subito una dolce complicità.
Scopri che nessuna, non solo non ha mai fatto un controllo al seno, ma non sa neppure cosa sia l’autopalpazione. Le infermiere raccontano che spesso quando arrivano, i loro noduli sono così grossi che non si può fare più nulla e muoiono.
Abbiamo distribuito i nostri stemmi con il logo rosa in campo bianco breast cancer, pink is good. Tutte, subito, se lo appuntano sulla maglietta, sul vestito, sul camice. I nostri braccialetti allegri vanno a ruba. Adesso sanno che il rosa è il colore giusto, il colore della speranza.
Le più entusiaste erano le infermiere che non vedono l’ora di saperne di più per poter spiegare cosa è questo cancro al seno. E come combatterlo. Hanno voluto farsi fotografare; sono loro la nostra prima forza e loro sono pronte a partire con il nostro progetto.
Una cosa è certa, tutti hanno capito che noi vogliamo che un privilegio diventi un tesoro anche per le donne haitiane. Vogliamo restituire la speranza nel rispetto della vita.
La strada da percorrere è lunga. Ma Haiti ci aspetta. Lo abbiamo promesso.
Donatella Di Paolo