di Enzo Biffi
Se abiti a Castano Primo e te ne vuoi andare a Shanghai troverai un aereo che traccia una rotta ad arco attraverso quasi tutta l’Asia. Una quindicina di ore fra film e pasti ad alta quota e ci arrivi quasi rilassato. Ma se parti nel 1890 e sei donna, beh, allora ti serviranno audacia, pazienza e 37 giorni di nave a vela.
Giuseppina Croci partì per Shanghai lasciandosi alle spalle 11 sorelle a cui far da mamma, un paese di pianura e un lavoro di filanda imparato sufficientemente bene da essere chiamata dal suo vecchio padrone, trasferitosi in quella Cina che allora doveva sembrare misteriosa più della luna.
La prima parte di questa storia fu quel viaggio incredibile. Partì probabilmente con una morsa al cuore, ma spinta dall’energia e dalla sfrontatezza tipiche della giovinezza.
Una nave a vela di soli uomini per approdare in quei porti lontanissimi, pieni di sorprendenti individui; Arabi, Indiani, lingue e pudori sconosciuti sotto quelle stelle capovolte, mai nemmeno immaginate guardando il cielo di Lombardia.
Così Giuseppina scrive tutto su quel diario che serve, più che altro, per fingere di parlare con qualcuno di casa e che deve essere stato compagnia nelle notti di tempesta e illusione di calore famigliare.
E allora il racconto, seppur sgrammaticato, si fa entusiasmante: 37 giorni di storie, timori, scoperte, incontri.
Poi finalmente l’arrivo in anticipo in quel porto, immerso in una notte ostile, in una città ostile, con una lingua ostile. E orientarsi vuol dire cercare dentro di sé ancora altro coraggio, fino a trovarlo al punto di arrivo: la fabbrica.
La seconda parte di questa storia sono cinque anni di lavoro in filanda, a far lavorare altre donne, a studiare la lingua per farsi rispettare, ad imparare sapori, profumi, e poi giocare a farsi fotografare “da cinese“ per cercare un ponte fra due mondi, due tempi, forse due identità.
La terza parte di questa storia racconta di trentamila lire per tornare dopo cinque anni. Trentamila sacrifici che bastano per una grande casa col giardino e per sposarsi, per vivere bene, per raccontare di quel viaggio e di quanto il coraggio e la fatica possano ripagare.