di Rebecca Casati
Il terzo capitolo della trilogia di Dragon Trainer, nelle sale da qualche settimana, ha concluso una delle saghe animate più apprezzate degli ultimi anni. Se nella prima pellicola (uscita nel 2010) il protagonista Hiccup è rappresentato come un ragazzino imbranato e incapace di soddisfare le alte aspettative che suo padre Stoick – il capo del villaggio – ha su di lui, ne Il mondo nascosto, il nostro Hiccup è cresciuto e ha la responsabilità di governare un popolo non solo di persone ma anche di draghi, che da nemici mangia-uomini si sono trasformati in inseparabili compagni di vita.
Questo film completa in modo egregio il percorso di crescita e maturazione non solo del protagonista, ma anche dei personaggi che lo accompagnano dall’inizio della saga, come Astrid, la futura moglie di Hiccup, e Sdentato, la Furia Buia diventata, nel giro dei tre film, il suo migliore amico. Questo forte legame, però, viene complicato dalla comparsa di una Furia Chiara, catturata dallo sterminatore di Furie Buie Grimmel, con lo scopo di trarre in inganno Sdentato per completare il suo lavoro.
Al di là della trama, molto lineare e banale considerato il target della pellicola per bambini, andrei ad analizzare alcuni temi proposti non solo in questo ultimo film, ma sviluppati nel corso di tutta la saga. Infatti, secondo me, per comprendere interamente il mondo vichingo creato da Dean DeBlois e i suoi abitanti, è necessario munirsi di snack e bibite e guardare la trilogia dall’inizio.
Il primo, e più evidente, è sicuramente il cambiamento. Cambiano le dinamiche tra Hiccup e il suo popolo: lui stesso capisce di non poter più trascorrere intere giornate alla scoperta di nuove terre ma di doversi prendere cura della propria gente, minacciata dalla flotta del malvagio Grimmel. Cambia il suo rapporto con Sdentato che, diventato l’Alpha (ossia il capo dei draghi), e cresciuto, sceglierà di allontanarsi da Hiccup per dedicarsi completamente alla protezione del suo popolo insieme alla Furia Chiara di cui si è innamorato (e che, tra l’altro, è un chiaro riferimento al rapporto tra Hiccup ed Astrid, anche loro a capo di un regno). Il cambiamento però è già visibile nel secondo capitolo della serie, in cui il protagonista, ormai adolescente, riesce a ritrovare la madre, creduta morta da tempo, ma allo stesso tempo attraversa il dolore che accompagna la perdita del padre, da sempre un punto di riferimento per il ragazzo.
Altro punto a favore per questa trilogia sono i villains, ovvero i “cattivi”, gli antagonisti con cui si scontra Hiccup. Ne Il mondo nascosto questo ruolo è occupato dal già citato Grimmel, mentre nel secondo da Drago Bludvist. L’aspetto interessante è che entrambi questi personaggi hanno delle caratteristiche in comune con Hiccup: Grimmel racconta di essere diventato uno sterminatore di Furie Buie dopo averne uccisa una in un bosco, e questo rimanda ad una delle scene del primo film della serie, in cui Hiccup colpisce alla coda quello che sarebbe diventato il suo migliore amico, ma, invece di ucciderlo, decide di salvargli la vita.
Quindi si potrebbe pensare a Grimmel come ad una versione alternativa del protagonista, nel caso in cui avesse scelto di essere il carnefice dell’ultimo esemplare di una delle specie di draghi più temute. Bludvist, invece, spiega ad Hiccup di essere diventato un cacciatore di draghi da quando uno di questi gli causò la perdita di un braccio. Il parallelismo in questo caso è molto chiaro: anche il nostro vichingo durante le sue avventure sarà costretto ad utilizzare una protesi per sostituire una gamba, ma non per questo si separa da Sdentato – anch’esso amputato a causa del colpo inflittogli da Hiccup.
Ma veniamo al tema che più mi ha sorpresa: l’abbandono, o meglio, il passaggio. Questa tematica viene introdotta nella prima metà del film nel momento in cui il popolo di Berk è costretto a lasciare il luogo in cui ha vissuto da moltissime generazioni a causa dell’imminente attacco di Grimmel, Hiccup infatti spinge la sua gente verso i “confini del mondo”, verso una terra sconosciuta e leggendaria in cui draghi e uomini potessero vivere in pace. Questo particolare mi ha subito riportato alla mente la vicenda dei padri pellegrini, che con la Mayflower raggiunsero gli attuali Stati Uniti dopo due lunghi mesi di navigazione. Come i vichinghi del film, essi salparono verso nuove opportunità e verso la speranza di creare una società migliore, fuggendo dalle persecuzioni.
Nella seconda parte del film, invece, questo tema sembra essere indirizzato più ai genitori che ai bambini. Dico questo perché il rapporto tra Hiccup e Sdentato a tratti prende le sembianze del rapporto che sussiste tra genitore e figlio. In particolare possiamo vedere la reazione di Hiccup quando viene a conoscenza dell’innamoramento del drago, e quindi il suo fare i conti con lo scorrere del tempo e la crescita effettiva del suo migliore amico. Ancora più toccante, per chi ha visto la serie per intero, è il momento in cui i due amici sono costretti a separarsi. In queste scene Hiccup riveste i panni di un genitore che, nonostante tutto, non sopporti di lasciar andare il figlio per la sua strada, verso il suo futuro. E avere questo tipo di suggestione da un film di animazione per bambini non è per niente scontato, anzi, per chi, come me, è cresciuto insieme ai protagonisti (ricordo che la saga è iniziata nel 2010), è molto significativo, e permette di immedesimarsi ancora di più, se possibile.
Altro motivo per cui non mi sorprenderei di vedere questo film tra la lista delle nomination agli Oscar del prossimo anno è la colonna sonora curata da John Powell, in grado di aumentare il grado di epicità e maestosità di una serie che sono certa darà del filo da torcere alle più amate, dato che questo finale – a differenza di molti altri – non ha deluso le mie aspettative.