Effetti Neurobiologici della Cannabis

cannabisdi Roberto Dominici

Un primo aspetto da considerare è che negli Usa dal 1980 al 2007 vi è stato un incremento del titolo del principio attivo THC (Δ9-tetraidrocannabinolo) nella marijuana che si è quadruplicato passando da < 2% all’ 8.5% del peso; negli anni sono state selezionate varietà di piante che ne contengono molto di più, fino al 10-15%; maggiore è il titolo, maggiori sono gli effetti centrali e i problemi connessi al suo uso.

lnoltre la marjiuana degli spinelli in circolazione, arriva a contenere il 30-40 per cento in più del principio attivo (THC) rispetto alle percentuali che arrivavano al 6-7 per cento della marjiuana “naturale” e questo grazie a incroci e selezioni. Praticamente un OGM dopato. Ma la nuova frontiera è quella che ha portato alla produzione dei cannabinoidi sintetici. Nuove sostanze molto più potenti e pericolose che danno effetti collaterali gravi come attacchi renali, ictus, tachicardia e attacchi di panico con una tossicità simile a quella della cocaina. Facilissimi da reperire in rete e dai prezzi molto bassi sono una vera minaccia per la salute.

Dagli studi effettuati fino ad ora, abbiamo imparato che la Cannabis agisce su meccanismi fisiologici di fondamentale importanza per le funzioni cognitive, per il tono dell’umore e per il comportamento motivato. Essendo liposolubile viene assorbita ampiamente dalla superficie polmonare e, per la sua volatilità e durata, raggiunge molto rapidamente il cervello dove rimane per vari giorni (emivita > 12 ore). Il principio attivo della cannabis, non è leggero per niente. Infatti il THC ha effetti potentissimi sul sistema nervoso centrale, perché agisce su recettori presenti in abbondanza in aree essenziali per l’apprendimento e la plasticità cerebrale.

Una ricerca, che ha seguito per anni i ragazzi di una cittadina neozelandese, ha dimostrato come l’uso regolare di cannabis (almeno 4 volte a settimana per 10 anni) riduca il quoziente intellettivo da adulti, oltre ad alterare le funzioni cognitive mentre se ne fa uso. Altri studi mostrano che le canne sono in grado di accelerare la comparsa dei disturbi psicotici in soggetti predisposti: per ora non è aumentata l’incidenza generale di queste patologie, ma la risposta definitiva si avrà solo fra 10 o 20 anni, quando saranno adulti i ragazzi della generazione che ha reso socialmente accettabile un comportamento in precedenza condannato e censurato cioè il consumo abituale.

Paradossalmente, i due piani, quello scientifico e quello socio-politico sono rimasti del tutto separati. La conoscenza della neurobiologia della Cannabis è invece essenziale per acquistare coscienza dei suoi effetti a breve e a lungo termine e in ultima analisi per guidare le nostre politiche individuali e sociali nei suoi confronti; tale conoscenza è nata con la scoperta che il THC non agisce sul cervello come l’alcol in maniera aspecifica ma attraverso delle specifiche serrature (i recettori CB1) presenti in aree precise, di numero finito, di cui il THC è una delle chiavi; ciò significa che questi recettori non sono nati per interagire con la cannabis ma con tutta una serie di molecole essenziali, gli endocannabinoidi. Essi sono una classe di lipidi bioattivi che  hanno in comune la capacità di legarsi ai recettori cannabinoidi, gli stessi con cui interagiscono i fitocannabinoidi, per svolgere funzioni molto importanti per il funzionamento fisiologico e patofisiologico del cervello.

Le aree in cui si trova una maggiore densità dei recettori sono le aree della corteccia prefrontale dorso-laterale che spiega l’alterazione delle funzioni cognitive da parte della cannabis e i nuclei della base cioè il globo pallido e la substantia nigra, e in una zona, la corteccia anteriore del giro del cingolo, che si trova alla base del cervello che spiegano gli effetti gratificanti e di rinforzo, e gli effetti extrapiramidali che si esplicano nei movimenti espressivi, in quelli associati (come nelle sincinesie pendolari, il pendolamento degli arti superiori durante la marcia), nella scrittura, nella masticazione, nella fonazione, nella deglutizione, nella stazione eretta e in tutti gli altri atteggiamenti del corpo.

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Questi recettori si trovano soprattutto nella parte più antica ed interna del nostro cervello, che nel corso della filogenesi di tutte le specie dei mammiferi, dai roditori all’uomo, si è sviluppato dalla parte mediale verso quella laterale e dal basso verso l’alto. Quindi le aree più antiche si trovano nella parte più ventrale e più mediale del cervello. Le aree più importanti per l’effetto gratificante e di rinforzo e le proprietà che fanno della THC una droga cioè una sostanza che dà gratificazione e dipendenza (addiction) si trovano nella parte chiamata “basement of the brain”, la “cantina del cervello”, la parte più interna mediale e più ventrale, le aree fondamentali per i meccanismi di gratificazione.

Quello che più allarma, è “la diminuzione cognitiva dovuta all’assunzione cronica di cannabis” che “è irreversibile in fase di sviluppo” e che, comporta “una diminuzione della memoria a breve termine e della capacità di apprendimento”. Altri studi hanno evidenziato una riduzione della materia grigia del nostro cervello nella regione orbito frontale collegati al consumo cronico di marijuana. L’abuso comporta anche una diminuzione della capacità critica e di giudizio, un aumento dell’impulsività, il blocco delle inibizioni. La cannabis ha, anche per un suo uso saltuario, un effetto sulle aree cerebrali collegate all’emotività. Altro punto importante, riferito da uno studio neozelandese, riguarda la possibilità di passare dalla cannabis a altre droghe: questa è 60 volte maggiore in chi inizia precocemente (15 anni) e consuma la cannabis settimanalmente.

Gli effetti della cannabis, infatti, dipendono proprio dal modo in cui questa droga altera il funzionamento del Sistema Nervoso e l’intensità delle sensazioni che sperimenta la persona è strettamente legata alla quantità che ne consuma. Ciò di cui non sempre si tiene conto e che, man mano che la persona continua a fare uso di cannabis, questa provoca un’elevata assuefazione e tolleranza, ragion per cui per poter sperimentare gli stessi effetti una persona sarà “costretta” ad assumerne in quantità sempre maggiori. Ma aumentandone le dosi, proporzionalmente crescono i danni provocati dagli effetti della cannabis, a cui fanno spesso seguito gravi conseguenze per la salute, sia fisica che mentale. Stanno emergendo nuove certezze sulla pericolosità di hashish e marijuana: gli studi che hanno seguito per 10-15 anni persone che ne hanno fatto ampio uso dimostrano come queste sostanze aumentano l’incidenza di psicosi e depressione. Inoltre, spesso le droghe cosiddette leggere si accompagnano a una condotta di vita non salutare, che ne peggiora gli effetti: bere alcol e insieme fumare una canna fa indubbiamente male.

Sono note almeno due preparazioni della cannabis: la marijuana e l’hashish.

Anche se le sostanze psicoattive presenti in questa droga in totale sono circa 400, quelle responsabili degli effetti della cannabis sono le due citate:

  • THC (tetra-idro-cannabinolo), che ha effetti stimolanti e allucinogeni
  • CBD (cannabidiolo), responsabile degli effetti sedativi

Questi due alcaloidi sono presenti in percentuali variabili a seconda della varietà di cannabis (indica, sativa o un mix tra queste due). Nel caso in cui fosse la percentuale di THC a prevalere, gli effetti della cannabis saranno principalmente euforici e possono causare distorsioni delle percezioni; nel caso in cui la percentuale di CBD fosse superiore, gli effetti della cannabis saranno sedativi.

Gli effetti della cannabis più classici e facilmente riconoscibili sono:

  • occhi rossi
  • euforia
  • loquacità
  • battito del cuore accelerato
  • leggerezza mentale
  • senso di ottundimento delle percezioni sensoriali
  • fame esagerata (conosciuta come fame chimica)
  • difficoltà di attenzione

Man mano che la persona inizia a sviluppare un certo grado di assuefazione e tolleranza agli effetti della cannabis, si possono avvertire determinate manifestazioni di carattere psicologico, spesso molto disagevoli:

  • depressione
  • apatia
  • difficoltà di memoria
  • abulia

Col passare del tempo, invece, gli effetti della cannabis possono portare a conseguenze molto gravi:

  • disturbi dell’umore
  • aggressività eccessiva
  • senso di distacco dalla realtà
  • psicosi
  • schizofrenia
  • allucinazioni
  • paranoie

Tali informazioni hanno lo scopo di far comprendere che non esiste una droga che possa essere definita “leggera“, dato che gli effetti della cannabis in molti casi possono essere veramente gravi. Proprio per questo motivo è necessario intervenire in modo appropriato per fare in modo che una persona possa evitare di incorrere in spiacevoli conseguenze. Il THC inoltre dà dipendenza, proprio come altre droghe: l’unica differenza è che in caso di overdose da THC non si muore . Il fumo di cannabis, poi, è tossico sui polmoni tanto quanto quello di sigaretta, se non di più: una canna equivale alla capacità pro-tumorale di un pacchetto di sigarette. Infine, mettersi alla guida dopo aver fumato cannabis è pericoloso perché il THC rende tutti principianti al volante: altera infatti la modalità abituale, quella che ci consente di avere gesti fluidi e automatici una volta imparato un compito, e costringe a guidare in modalità “esecutiva”, come se non sapessimo più l’effetto delle nostre azioni sui comandi dell’auto e fossimo continuamente di fronte a imprevisti. Il THC e ancor di più il cannabidiolo, un composto non psicotropo della cannabis, potrebbero avere applicazioni terapeutiche utili, in preparazioni controllate e a dosaggi lontani da quelli dell’abuso. Anche la morfina cura, ma non se assunta al di fuori di un preciso contesto medico.

Per quanto riguarda il controllo del dolore i cannabinoidi sono inferiori rispetto ad altri potenti analgesici come la morfina o il metadone. In Italia c’è l’indicazione all’uso come antispastico e antidolorifico nei pazienti con sclerosi multipla, ma attenzione, si tratta comunque di un uso palliativo e come seconda scelta.

Ed è probabile che gli effetti derivino per lo più dallo stato di benessere che la cannabis induce, come tutte le droghe, riducendo l’ansia e aumentando il tono dell’umore in certe situazioni, ma bisogna ricordare che i componenti delle canne non diventano per questo “buoni” sempre.

2 ottobre 2016

 

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