Dichiaro da subito di essere una grandissima fan di Emilio Isgrò, il poeta, il drammaturgo, l’inesauribile artista che inventa sempre qualcosa di nuovo, che stupisce per l’ironia, la leggerezza e, credetemi non è un ossimoro, la profondità e l’impegno etico che trovo in tutte le sue opere.
Un entusiasmo che condivido con migliaia di altri estimatori.
E ora anche con il Comune di Milano, con Intesa Sanpaolo, e poi ancora il Centro Nazionale Studi Manzoniani, la casa editrice Electa. Sono loro che promuovono non una, ma tre mostre di Isgrò a Palazzo Reale, alle Gallerie di Italia,alla Casa del Manzoni.
A Palazzo Reale abbiamo modo di ripercorrere quarant’anni di attività dell’artista. Il curatore delle tre rassegne, il brillante Marco Bazzini, informa che l’esposizione si apre con una riflessione sull’identità e l’autorialità, due temi cari ad Isgrò. Che cosa vuol dire? Autoriale , si legge sul dizionario, è una prerogativa propria dell’autore, è il lavoro materiale e immateriale investito da un autore nella produzione di un’opera; l’originalità della sua forma, la scoperta dell’intenzione dell’autore.
Ecco perché vedremo le opere storiche. Dal “Cristo cancellatore” del 1968 a Dichiaro di non essere Emilio Isgrò del 1971 (opera spiazzante e geniale) per arrivare , quasi quarant’ anni dopo, a Dichiaro di essere Emilio Isgrò del 2008.
Che cosa è accaduto in quarant’anni? Isgrò ha ritrovato la sua identità? Il problema non è il recupero di se stessi, ma uno dei presupposti della ricerca del “Cancellatore”. Nega per asserire, per reinventare, per offrire altre vie alla riflessione e alla fantasia. Senza alcuna presunzione, ma, come se fosse un dono, per offrire nuove letture.
Ed è così per ogni sua opera. Sin dagli esordi, a Venezia, quando era responsabile delle pagine della cultura del “Gazzettino ” nel 1960. Fu proprio allora che da poeta visivo e scrittore, oltreché giornalista, Isgrò maturò l’interesse per le arti visive. Stava “passando un pezzo” di un illustre collaboratore, (cioè rivedendo un articolo primo di comporlo in tipografia per la stampa) quando fu fulminato dall’effetto delle cancellature.Questo l’aneddoto, ma dietro l’apparente semplicità del racconto c’era la volontà e la consapevolezza dell’artista. Ecco come lui stesso lo spiega: ” Per uscire definitivamente dalla logica novecentesca delle avanguardie – afferma –realizzai il gesto che le stesse avanguardie non avevano osato: vanificare in una sola volta i vecchi codici della comunicazione umana: principalmente l’immagine e la parola.”
Questa idea, originale e profonda, scatenò il putiferio. Da un lato ci furono intellettuali come il poeta Eugenio Montale che gli tolsero il saluto , dall’altro scrittori come Dino Buzzati che , riconoscendo il genio e la vivacità culturale, lo invitarono a cancellare i suoi testi.
Con questo spirito vi invitiamo a vedere le poesie visive di Isgrò che, con coraggio e rispetto, ha saputo cancellare la Bibbia, la Treccani, Dante, Omero e Virgilio e anche il “Debito Pubblico” su commissione dell’università Bocconi.
E, ancora, vi invitiamo a sostare con allegria, ma anche con disperazione, davanti alle cancellature visive come “Jacqueline (indicata nella freccia) si china sul marito morente”, 1965. O ai dipinti dedicati ai protagonisti del pensiero marxista (da Rosa Luxembourg a Gramsci) serie dei primi anni Settanta.
Ed è sempre Isgrò che nel 1985, cinque anni dopo la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto, realizza “L’Ora Italiana”.
E oltre a misurarsi con i grandi protagonisti della storia, nel “teatro” di Isgrò c’e’ anche posto per la leggenda. Come quando per la Biennale di Venezia del 1993 realizza l’installazione dedicata all’eroe svizzero Guglielmo Tell che si ribellò all’autorità asburgica. E dopo aver cancellato i ritratti di Galileo Galilei, Girolamo Savonarola e Curzio Malaparte, personaggi la cui vita fu condizionata da poteri forti, in occasione di questa mostra ha cancellato il famoso ritratto di Alessandro Manzoni dipinto da Hayez ed esposto nel Caveau delle Gallerie di Italia.
Il Cancellatore ha lasciato libero solo l’occhio che indica, in qualche modo, di dirigersi , attraversando il bel cortile, verso la sua Casa del Manzoni dove Isgrò ha cancellato venticinque volumi del capolavoro manzoniano, tante erano le copie che il figlio di Giulia Beccaria prevedeva di vendere con “I Promessi Sposi”.
Daniela Annaro