Ernest Hemingway: la scrittura come un iceberg

hemingwaydi Francesca Radaelli

Il 21 luglio 1899 nasceva, in un sobborgo di Chicago, Ernest Hemingway. L’autore di Addio alle armi, Per chi suona la campana, Il vecchio e il mare, I quarantanove racconti.Il reporter inviato in Europa, testimone e narratore della Prima Guerra Mondiale e della guerra di Spagna.

Il bambino le cui prime parole sono “Non conosco Buffalo Bill” e che risponde “di niente” a chi gli chiede di che cosa abbia paura. L’uomo che, dopo aver perso la memoria in seguito agli elettroshock cui viene sottoposto in clinica psichiatrica, si spara un colpo con il proprio fucile da caccia.

L’uomo che aveva vissuto una vita che non poteva essere dimenticata, che divenne un mito per la sua generazione e non solo, che fu amante delle donne, dell’avventura e sempre in cerca di emozioni forti, quelle dei safari in Africa, della caccia nei boschi, delle corride in Spagna.

hemingway a caccia

Ma soprattutto colui che seppe raccontare tutto ciò, dopo averlo vissuto. E che fu capace di trasmetterlo al suo pubblico con la stessa intensità con cui lo aveva vissuto. Lo scrittore dallo stile inconfondibile, dei dialoghi incalzanti, delle descrizioni esatte ed essenziali, del realismo intenso e accecante, concentrato in poche parole e per questo ancora più incisivo. Colui che in ogni suo scritto cercava “di cogliere la sensazione della vita vera – non soltanto di descrivere la vita – o di criticarla – ma di renderla realmente viva”. Il creatore di uno stile che fu imitatissimo ma rimase per tutti inimitabile. Uno stile che prende le mosse da alcuni essenziali principi giornalistici, o meglio da un vero e proprio “manuale del redattore”.

A 18 anni Ernest inizia infatti a lavorare per il quotidiano Kansas City Star: ai nuovi redattori del giornale viene consegnato un libricino contenente 110 regole, da seguire scrupolosamente. Eccone alcune: “Usa frasi brevi. Usa primi paragrafi brevi. Usa un inglese energico. Sii positivo non negativo. Racconta solo ciò che hai visto di persona. Non usare vecchio slang, usa un linguaggio fresco. Evita l’uso di aggettivi, specialmente quelli esagerati”. E così via, 110 norme che si riassumevano nelle due principali: “La pura scrittura oggettiva è l’unica vera forma di narrazione” e “La lingua inglese giunge alla semplicità attraverso la brevità”.

hemingway scrive

Regole che Hemingway avrebbe fatto sue e che non avrebbe mai abbandonato, applicandole non solo alla prosa giornalistica ma anche, almeno in parte, ai racconti e ai romanzi, che nascono da episodi reali vissuti nel corso degli innumerevoli viaggi. “Quelle furono le regole migliori che ho mai imparato per il lavoro di scrittore. Nessun uomo di talento, se sente e scrive onestamente le cose che sta cercando di dire, può fallire nello scrivere bene se segue quelle regole”, dirà parecchio tempo dopo lo scrittore, che però di fatto si spinge oltre il mero racconto dei fatti in sé, chiaro e trasparente, come negli articoli di cronaca. All’oggettività e al realismo Hemingway accosta infatti l’omissione e il non detto, tratti che rendono la sua narrazione ancora più intensa. Il grande scrittore amava paragonare il suo stile a un iceberg: “Ci sono sette ottavi di iceberg sott’acqua per ogni parte visibile. Tutto quello che si sa lo si può eliminare e questo non fa che rinforzare l’iceberg. È la parte che non si vede”.

 

Francesca Radaelli

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