di Anna Biffi
Non c’è più tempo. Amelia ha 81 anni compiuti da poco, minuta, solare, grande provocatrice, bacchetta tutti se vede un’ingiustizia: generosa, anche con una vita che generosa con lei non è stata. Emigrata negli anni ’60 dalla sua Emilia, conserva ancora qualche abito da balera e i ricordi di un marito, che l’ha lasciata sola con un figlio amatissimo, disabile. Piccolo appartamento in una casa popolare, fatica a pagare la retta della struttura che ospita il suo bambino, di sessant’anni. Talvolta è nervosa, paonazza in volto, come se avesse subito qualche forma di violenza.
Non c’è più tempo anche per Luisa che di anni ne ha 49, ultima di sei fratelli di una famiglia di migranti del sud. Occupa il bilocale della stessa casa popolare con altre due persone e due carrozzine: una per la madre, novantenne e una per il marito disabile. Anche lei talvolta è agitata, contrariata per qualcosa che non vuole dire, ma che la turba.
Di tempo Gianni non ne ha mai e sfugge sempre; 65 anni portati con leggera vanità, capelli neri lisciati dal gel, doppiopetto un po’ retrò, a tratti sgualcito ma, a suo modo, elegante. Saldati vecchi debiti con la giustizia, vive con Carmela, malata, obesa, molto più anziana di lui, che lo mantiene in cambio di compagnia e di un aiuto maschile nelle incombenze quotidiane. Gianni è sempre fuori, non si sa a fare cosa… è buono e servizievole, dice Carmela, ma chiede sempre soldi.
I 20 anni di Marco non hanno avuto tempo di lasciarsi la gioventù alle spalle. Nessun problema in famiglia o a scuola. Un ragazzo come altri, forse solo troppo spazio, vuoto di impegni, fatica e sogni, che non riesce a gestire. Un giorno si è trovato a mentire ai genitori e agli amici … per qualche scommessa.
Sono storie dietro l’angolo, vicinissime a noi, decine, migliaia, centinaia di migliaia; con una data precisa, il 2003, quando in Italia il gioco d’azzardo è stato liberalizzato, aumentando esponenzialmente luoghi e modi di giocare, con una diffusione fra le più alte al mondo. Da allora queste persone hanno un problema in più: difendersi dalla massiccia offerta d’azzardo, mascherata da innocui “grattini”, fantasmagoriche Slot Machine e Video Lottery, dove, nel 2016, sono stati versati 49,1 miliardi di euro. Parlando di gioco d’azzardo, i numeri si sprecano a partire dall’aumento geometrico delle giocate: 95 miliardi di euro nel 2016 :260 milioni al giorno, 3.012 euro al secondo! Sette miliardi in più rispetto agli 88 miliardi del 2015 e agli 88,5 del 2012. La Lombardia in testa a tutte le regioni, con 14,65 miliardi di euro bruciati nel gioco.
Non c’è più tempo. Anche se Amelia, Luisa, Gianni e Marco non lo sanno, questi dati sono preoccupanti, soprattutto perché, come denunciato recentemente da Banca d’Italia, Guardia di Finanza, Commissione Antimafia, e Procura Nazionale Antimafia, i giochi online e soprattutto le Vlt, sono rischiosi per i giocatori patologici e per il riciclaggio delle mafie.
Non è facile spiegare ad Amelia, Luisa, Gianni e Marco che in un’ora alle Vlt possono giocare fino a 18 mila euro, perdendo 1350 euro ogni 60 minuti. Nonostante dal 2013, il DSM5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) definisce il gambling “dipendenza comportamentale”, una vera e propria malattia, la dimensione del fenomeno in Italia è difficilmente stimabile. Nel rapporto Eurispes 2009, i giocatori d’azzardo “problematici” variano dall’1,3% al 3,8% della popolazione (da 767.000 a 2.296.000) e i “patologici” da 0,5% al 2,2%. (da 302.000 a 1.329.00).Secondo il Ministero della Salute, i giocatori patologici in trattamento sono 12.376.
Non è più tempo di sprecare altre parole per cercare di nascondere che il re è nudo. Lo Stato con una mano legifera e promuove l’industria del gioco d’ azzardo, con l’altra cerca di contenerne le pericolose derive. Ambiguità colpevole, recentemente denunciata anche dal Pontefice. “La società dell’azzardo finanziano campagne per curare i giocatori patologici che esse stesse creano…..Questa è l’ipocrisia”. Il continuo braccio di ferro fra Stato e Regioni sui confini delle competenze per la regolamentazione dell’offerta di gioco è una guerra in cui gli interessi dello Stato di mantenere gli introiti fiscali derivanti dal gioco d’azzardo si scontrano con quelli degli Enti Locali che vedono aumentare i concittadini vittime del gioco (povertà, usura, dipendenza, conflittualità). Se il recente rinvio della Conferenza Stato ed Enti Locali della bozza di accordo sulla riorganizzazione della rete di vendita, appare come una battuta d’arresto per i comuni, il parere favorevole della Consulta Nazionale Antiusura sulla Deliberazione del comunale di Bergamo, per restringe orari e luoghi di consumo dei gioco d’azzardo, è una sicuro passo avanti.
Non c’è più tempo perché Amelia, Luisa, Gianni e Marco, sono indifesi, aggiungendo una fragilità, o una dipendenza fra le più devastanti, alle già molte fatiche cui la vita li ha esposti. Migliaia di Amelie, di Luise, Gianni e di Marchi, continuano a giocarsi la vita, sperando in un numero “ritardatario” (concetto matematicamente inesistente), specchietto per le allodole del jackpot in aumento.
I dati dicono che, insieme a loro, altri milioni di persone di ogni ceto sociale stanno buttando tempo e soldi, illudendosi di inseguire la fortuna, come l’industria dell’azzardo fa credere. In realtà ogni prodotto di gioco presente sul mercato è governato da algoritmi programmati ad arte per alimentare se stesso. Niente a che vedere con il caso, il destino o il fato di universi magici e in certa misura poetici; solo prodotti e luoghi del consumo di massa, venduti con tecniche di marketing sofisticate, studiati da matematici, ingegneri, architetti e psicologi per prendersi, nella migliore delle ipotesi, il nostro denaro e il nostro tempo, nella peggiore, i nostri affetti e alla fine noi stessi. Non c’è fortuna, non c’è abilità, non c’è socialità, in nessuno di questi giochi, nessuna vera sfida, non dignità, né umanità. Non c’è più tempo!