di Francesca Radaelli –
50.000 morti premature e 60 miliardi di euro in spese sanitarie. È questo il prezzo pagato ogni anno dall’Europa per le emissioni marittime. L’inquinamento atmosferico navale può rappresentare fino al 40% degli inquinanti nelle città costiere del Mediterraneo. Eppure una soluzione ci sarebbe. Magari non per risolvere completamente il problema ma sicuramente per ridurne l’entità e la portata. Solo in Italia, secondo uno studio del ministero dell’ambiente francese, si potrebbero salvare 500 vite l’anno e risparmiare fino a 2500 milioni di euro. Questa soluzione si chiama ECA: l’acronimo sta per Emissions Control Area. Istituire un’area a controllo emissioni nel Mediterraneo porterebbe a una drastica riduzione dei livelli di particolato, ossidi di zolfo e di azoto.
E a risparmiare milioni di euro per i minori costi sanitari e sociali legati all’inquinamento. Secondo lo studio, sostenuto dal Ministero dell’Ambiente francese, di cui sono co-autori Cerema, Citepa e Ineris , realizzato per valutare l’impatto della creazione di un’area ECA nel Mar Mediterraneo, in Europa verrebbero salvate 6000 vite umane ogni anno, consentendo di risparmiare da 8.1 a 14 miliardi di euro di costi sociali legati all’impatto dell’inquinamento sulla salute. Sebbene i benefici riguardino tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, sarebbe proprio l’Italia ad avere il maggior guadagno.
Ma che cos’è una zona ECA? La Convenzione internazionale per la prevenzione dell’inquinamento delle navi (MARPOL), prevede la possibilità per i paesi che si affacciano su una zona marittima di proporre insieme la creazione di una zona di controllo per le emissioni degli inquinanti atmosferici da navi. Grazie alla zona ECA, vengono imposte alle navi norme più severe sulle emissioni di ossidi di azoto e ossidi di zolfo. Ad esempio, il tenore di zolfo nei combustibili marini è attualmente al massimo del 3,5% (sarà ridotto fino allo 0,5% entro il 2020 in tutto il mondo), mentre in una zona ECA il limite è fissato allo 0,1%. Oggi esistono già 4 zone ECA nel mondo: in Canada, negli Stati Uniti, in Canale-Mare di Nord e Baltico.
Il passaggio a combustibili navali di migliore qualità e l’utilizzo di sistemi di abbattimento degli inquinanti porterebbe a un netto miglioramento della qualità dell’aria nel Mediterraneo. Con l’istituzione di un’area ECA nel Mediterraneo, le emissioni prodotte nel nostro mare si ridurrebbero, rispetto al 2015, del 95% quanto ad ossidi di zolfo, dell’80% quanto a particolato, del 51% quanto a black carbon e fino al 100% quanto a ossidi di azoto, migliorando in maniera significativa la qualità dell’aria specialmente nelle città di porto. “Concludiamo – scrivono i redattori del rapporto – che i benefici per la salute derivanti dall’area ECA nel Mediterraneo sono almeno tre volte superiori al costo di messa in opera dell’area”.
EurECA! Ecco la soluzione, verrebbe da dire.
O meglio, la soluzione ci sarebbe, si tratta ora di trasformarla in una vera buona notizia.
Anna Gerometta, presidente di Cittadini per l’Aria Onlus, rivolge in tal senso un appello al ministro dell’Ambiente: “È necessario che il Ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, faccia proprio, sostenendolo apertamente e con ogni mezzo a sua disposizione, dell’Area ECA Mediterranea. La Francia stima che si possa giungere all’attivazione entro il 2022, ma per ottenere questo risultato è essenziale un impegno attivo da parte dell’Italia. Un impegno mai manifestato nonostante i nostri ripetuti appelli, delle città portuali, dei cittadini e dei comitati di Genova, Savona, La Spezia, Livorno, Civitavecchia, Napoli, Ancona, Venezia, Trieste e altri ancora. Con il sostegno di Francia e Spagna e alla luce dei dati di questo rapporto, può l’Italia indugiare ancora?”.
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