di Daniela Zanuso
Un’analisi dell’Italia e dell’Europa negli ultimi quarant’anni. E’ stato questo il tema della serata organizzata lunedì dalla sezione monzese dell’Ucid (Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti) presso l’Hotel de la Ville di Monza, con il giornalista e vicedirettore del Corriere della Sera Federico Fubini.
Un tema quanto mai attuale che ci riguarda moltissimo, soprattutto ora che si avvicinano le elezioni europee. Introdotto dal Presidente di UCID Aldo Fumagalli, Federico Fubini ci ha guidati nella riflessione sulla situazione di partenza e attuale degli otto Paesi fondatori dell’Unione Europea e ha preso in considerazione il parametro che meglio esprime la condizione di un abitante europeo: il suo reddito, o meglio, la percezione del suo potere d’acquisto.
I dati, forniti da Maddison Project, partono dal 1970 e descrivono in modo inequivocabile come, per quasi vent’anni, la propensione alla crescita del reddito per abitante sia stata analoga per tutti gli otto Paesi. Dal ’90 in poi sono evidenti e nette le divergenze e gli allontanamenti tra paesi. Oggi la differenza tra il reddito medio olandese e quello italiano è di 1000 € mensili. Molteplici i fattori che hanno contribuito a questo risultato: la caduta del muro di Berlino e la conseguente riunificazione tedesca, l’entrata nell’UE di molti Paesi con redditi molto differenti e una visione politica del mercato, un’ideologia che lo concepisce come autoregolatore del sistema e soluzione dei problemi.
“L’unione con i paesi dell’Est – ha dichiarato Fubini – ha creato una faglia che si è allargata ulteriormente a causa delle conseguenze che questo divario ha generato. Due gli effetti principali: lo svuotamento del ceto medio nell’Europa dell’est e la separazione dei destini dei Paesi. In poche parole la fuga di giovani cervelli (per i due terzi laureati e diplomati), verso la Germania in modo particolare, e la conseguente perdita di risorse umane preparate da parte di quei paesi come Romania, Ungheria, Bulgaria ha creato questo divario. Parliamo di 1600 persone che ogni giorno lasciavano il loro paese di origine e che sono arrivate a 2200 nel 2015. Un fenomeno evidente ora anche nell’ovest europeo e soprattutto in Italia. A questo esodo, si sono aggiunti altri fattori: lo shock cinese, quello tecnologico e il passaggio alla moneta unica”.
La Germania, che già nel 1972 registrava un saldo demografico negativo, ha in questo modo tratto vantaggio a discapito dei paesi dell’est europeo. “Un laureato dell’est costa allo stato 100 mila euro, uno italiano costa allo stato italiano 170 mila euro. Il beneficio di questo investimento (nel caso di trasferimento di un laureato all’estero) va al paese di accoglienza”. In poche parole chi ha capito le opportunità della globalizzazione ha tratto grandi vantaggi, chi come noi non l’ha capito si trova oggi in condizioni di difficoltà e si allontana sempre più dai paesi che in questi anni sono cresciuti.
“La contropartita politica di questa situazione – afferma Fubini – si legge chiaramente negli ultimi sondaggi: il PPE (Partito Popolare Europeo) e il PSE (Partito dei Socialdemocratici) che oggi insieme governano e che avevano ottenuto il 55% dei consensi alle ultime elezioni, oggi sono al 44% e non potranno più governare da soli. Tutto si giocherà sulle possibili alleanze che si potranno costruire, ma il rischio di un conflitto politico europeo è dietro l’angolo”.
Le istituzioni che dovevano farsi carico dei “perdenti” non l’hanno fatto. E’ mancata quella empatia necessaria ad affrontare alcune sostanziali problematiche e questo ha generato una disaffezione nei confronti dell’Europa. Lo scarica barile dei problemi sugli altri ha come rischio di cadere nella situazione che si è creata negli Usa negli anni ’30: una recessione non solo economica, ma soprattutto democratica.
“Fra 30 anni in Italia – prosegue Fubini – si prevede che le persone in età attiva saranno 6 milioni in meno rispetto ad oggi. Una enorme perdita di risorse, considerato che la crescita si fa con le persone e con la competenza. La classe media in Europa è stata annichilita e l’UE, che molto ha fatto in altri ambiti, qui ha fallito”.
Una domanda rimane aperta: in un mondo di blocchi e di gigantismo dove vogliamo andare?
“La democrazia – risponde Fubini – è un esercizio difficile e faticoso, ma la soluzione non è certo quella di tornare alla sovranità nazionale. E’ evidente una necessità di confronto e competizione nello scenario globale che potrà avvenire solo con l’Europa. L’alternativa è la sottomissione all’impero degli altri”.
Un’analisi seria che ci pone di fronte ad un bivio e ci chiama alle nostre responsabilità.