Fabio e l’alluvione

 

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di Enzo Biffi

Il 4 novembre 1966 una montagna d’acqua si riversa su Firenze e la sua storia.
Il mondo osserva.

Nera che porta via che porta via la via 
Nera che non si vedeva da una vita intera così dolcenera nera 
Nera che picchia forte che butta giù le porte

Fabio ha vent’anni e quel che basta di energia nelle gambe per saltar giù dal letto della caserma di Rovezzano posta proprio a ridosso di un’ansa del fiume. Sono le quattro del mattino, l’acqua alle caviglie e l’allarme che urla non lasciano il tempo al suo giovane corpo di farsi domande.

Nera di malasorte che ammazza e passa oltre 
Nera come la sfortuna che si fa la tana dove non c’è luna luna 
Nera di falde amare che passano le bare

A seguire sono giornate da inventare, Firenze affoga sotto un cielo piangente miliardi di lacrime e quel fiume che nei secoli è stato fonte di vita oggi è causa di morte.

Acqua che non si aspetta altro che benedetta 
Acqua che porta male sale dalle scale sale senza sale sale 
Acqua che spacca il monte che affonda terra e ponte

Così viene il tempo del fango: e sono uomini e cose da portare in salvo, sono sacro e profano da salvare, cadaveri e libri, antichi quadri e giovani anime da restaurare, pulire, curare.

Acqua di spilli fitti dal cielo e dai soffitti 
Acqua per fotografie per cercare I complici da maledire 
Acqua che stringe I fianchi tonnara di passanti

Non si affonda una civiltà, nemmeno il dio Fiume così furioso, forse con gli uomini, può tanto.
Mettici alla prova, se è una sfida non l’avrai vinta: noi, giovani studenti, corriamo da tutta Europa a farti vedere chi siamo. Il mondo ci osserva un po’ sorpreso.

Deve sembrare strano visto da lontano veder Fabio, giovane soldato venuto dalla Brianza, congedarsi in ritardo: “che non si può lasciare il Rinascimento nel fango.”

Oltre il muro dei vetri si risveglia la vita 
Che si prende per mano 
A battaglia finita 

Sono una palude di preziosi manoscritti, volumi antichi, e sono quadri, mobili e album di famiglia. Tutto affondato. Tutto salvato.
E quel sindaco Illuminato parla chiaro e chiama e unisce tutti, siano don Camillo o Peppone: quando l’Italia piange, l’Italia si unisce, allora come ora.

Acqua che ha fatto sera che adesso si ritira 
Bassa sfila tra la gente come un innocente che non c’entra niente.

Ora Fabio forse è un nonno, angelo del fango dalle ali un po’ più basse; Firenze alluvionata sarà storia lontana per nipoti dormienti eppure quel seme, quell’esempio, quell’impegno immane e gratuito, restano indelebile testimonianza che solo rispettando una civiltà, se ne nobilita un’altra.

 

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