Ha accettato di partecipare ad un incontro con i residenti del Centro Simona Sorge di Inzago, persone disabili, alcune della quali fanno parte di una redazione esterna de Il Dialogo. E’ Filippo Galli, ex difensore del Milan, dove ha giocato per tredici anni e dove ora è responsabile del settore giovanile. I lettori de Il Dialogo già lo conoscono per la precedente intervista pubblica a novembre. Alcune domande semplici, altre più insolite ma lui risponde sempre con grande amabilità, disinvolto come fosse a casa sua e si lascia coinvolgere dall’entusiasmo di milanisti e non. Ne abbiamo scelte alcune:
1) Perché non giochi più?
Ho smesso di giocare a poco più di quarant’anni, ma non l’ho vissuto come un trauma, una mancanza. L’ho fatto perché, secondo me, era giunto il momento di smettere, anche se riuscivo ancora a competere con giocatori più giovani di me. Ad un certo punto bisogna dire basta, l’importante è riconoscere quando è quel momento.
2) Come fai a tenerti in forma?
Sono fortunato, ho un metabolismo che mi aiuta molto. Ormai non faccio più sport da un anno, ma nonostante questo riesco a mantenermi in forma, forse assimilo poco.
3) Cosa avresti fatto in alternativa al calciatore?
Probabilmente avrei lavorato con il papà e lo zio che erano disegnatori tecnici, questo almeno era quello che pensavo quando non ero stato ancora stato selezionato dal Milan. Poi la selezione, il settore giovanile e un anno in prestito al Pescara. Quando il Milan mi ha richiamato ho capito che avrei fatto il calciatore.
4) Qual è stato il giocatore che ti ha messo più in difficoltà?
Roberto Pruzzo della Roma era veramente tosto, poi Rummenigge dell’Inter mi ha dato del filo da torcere. Ce ne sono stati naturalmente altri come Platini, Maradona, ma questi avrebbero messo in difficoltà chiunque.
5) Il tuo allenatore preferito?
Tutti gli allenatori che ho avuto mi hanno lasciato qualcosa, tutti mi hanno insegnato a crescere. Arrigo Sacchi è quello che secondo me, oltre alle sua capacità di allenatore, ha fatto una rivoluzione nel calcio, ha creato un calcio più offensivo, più piacevole da vedersi.
6) Cosa faresti tu, riguardo alle manifestazioni di razzismo che esplodono negli stadi?
Il razzismo è figlio dell’ignoranza e si deve combattere attraverso la cultura, la comunicazione, la comprensione che siamo stati creati senza differenze. Io sono contrario a provvedimenti forti, a divieti ed imposizioni, non sono la strada giusta. Educare credo che voglia dire tirare fuori il meglio dalle persone ed è questo che bisogna fare.
Alla fine dell’intervista tanti applausi, qualche scambio di battute con la squadra di disabili di calcio, le immancabili foto con tutti, i sorrisi, i grazie. Un calciatore davvero speciale.
Daniela Zanuso