Fine di un sogno o di un incubo?

di Fabrizio Annaro

Malgrado lo shock provocato dalla decisione di Mattarella, la situazione appare piuttosto chiara. Il contratto di governo aveva creato tante speranze negli italiani: in molti avevano cominciato a fare i calcoli per la pensione, qualcuno sognava qualche taglio sulle tasse, altri come avrebbero potuto ottenere il reddito di cittadinanza.

Le dichiarazioni di Mattarella, al di là del braccio di ferro su Savona (ecco il suo comunicato), hanno messo in luce i timori di una possibile uscita dall’euro. Comprendo coloro che criticano il Capo dello Stato, ma lui è il garante degli interessi del paese e degli impegni internazionali e la preoccupazione di non saper gestire la reazione dei mercati finanziari era un rischio troppo grande.

E’ vero che la finanza condiziona la politica, ma nessuno vive su un’isola felice. La globalizzazione ci impone scelte a volte diverse dalla nostra volontà e non possiamo non tenere in considerazione il fatto che una parte del nostro debito è in mano straniera. Siamo chiamati ad agire con intelligenza e prudenza se vogliamo migliorare la nostra situazione, senza negare che è  giusto e necessario un cambiamento, soprattutto per quella parte del paese che vive un forte disagio.

Gli economisti insegnano che di fronte a crisi economiche di questa portata, i governi possono imboccare due strade: la svalutazione della moneta nazionale oppure la riduzione dei salari.  L’Italia, non potendo svalutare la moneta,  ha scelto la seconda strada. Un’austerità senza investimenti che ha impoverito il Paese.

Il contratto di governo non ha indicato alcuna ricetta su come e dove trovare i fondi per attuare l’ambizioso programma. Probabilmente questo è stato un elemento determinante nel convincere Mattarella che, con tutta probabilità, si voleva superare la crisi uscendo dall’euro. Il ritorno ad una lira fortemente svalutata, (nelle mani della Banca d’Italia e svincolata dalla Bce), avrebbe svalutato il debito con conseguenze inimmaginabili sull’Europa e sulla moneta unica, sulla nostra economia e con il rischio di un forte impoverimento del Paese. Se stanno così le cose, a mio parere, Mattarella ha fatto bene.

A questo punto, però, non possiamo rimanere nell’ambiguità: si vada presto al voto. E’ chiaro che la prossima campagna elettorale sarà un referendum su Europa ed euro. Salvini e Di Maio ci dicano chiaramente le loro intenzioni e se vogliono rimanere o no in Europa, così che gli italiani possano esprimere con maggior consapevolezza il loro pensiero.

L’invito che rivolgo alla parte avversaria di Lega e M5S è quello di ripresentarsi agli elettori con una proposta più chiara e con una leadership rinnovata. Fra la cancellazione della legge Fornero e la sua difesa a tutti i costi c’è una via di mezzo sostenibile. Tra l’aumento delle tasse e la flat-tax che favorisce i ricchi, si possono trovare proposte più eque. Tra il reddito di cittadinanza e nessun provvedimento per i più poveri, ci sono strade intermedie.

In conclusione cerchiamo di individuare nuove politiche economiche che superino la rassegnazione all’austerità e siano in grado di aprire nuovi orizzonti di crescita e prosperità.

E questa cosa si può fare. Non sarà un lavoro facile, questo è fuori discussione, ma gli italiani sono famosi per trovare, nel momento del bisogno, le soluzioni migliori per risalire la china.

Foto: apf

 

image_pdfVersione stampabile