di Alessandro Arndt Mucchi
Più che la sua nascita, in molti di Franz Schubert ricordano la morte. Del resto colpisce l’immagine del musicista appena trentunenne travolto dalla febbre tifoide, per alcuni incompiuto nella sua carriera musicale come la sua ottava sinfonia. Il parallelismo stuzzica, l’occasione è ghiotta per intavolare il discorso, ma in realtà è davvero difficile dire che quei trentun anni non siano bastati. Se avesse vissuto di più cosa avrebbe composto Schubert?
La domanda magari solletica, ma distrae da una produzione notevolissima: parliamo di più di 1500 creazioni che comprendono sinfonie, sonate, duetti, e chiaramente lieder, la tipologia di composizioni tutti avviciniamo al suo nome. Sono circa 600 le sue canzoni per voce e pianoforte che ancora oggi dominano l’immaginario a cavallo tra classico e romantico, un quantitativo di brani enorme, soprattutto se accostato proprio alla prematura dipartita.
Il termine “canzone” in italiano forse non rende giustizia al tedesco “lied”. Se è vero che all’orecchio notoriamente esterofilo che abbiamo noi italiani il termine tedesco suona più nobile per il semplice fatto di essere in un’altra lingua, è anche vero che “canzone” sembra sminuire il contenuto dell’opera di Schubert, del resto stiamo parlando di testi di Goethe e Schiller, non degli 883 (anche se probabilmente “E poi all’improvviso, sei arrivata tu. Non so chi l’ha deciso, m’hai preso sempre più.” ha conquistato più cuori del “Ti vidi, e una mite gioia, passò dal tuo dolce sguardo su di me; fu tutto per te il mio cuore, fu tuo ogni mio respiro.” di Goethe).
Le sue 600 canzoni e più in generale le sue 1500 opere non sono però bastate a fargli riconoscere il successo in vita, o meglio, non lo hanno reso particolarmente noto lontano da Vienna. Dopo la sua precoce dipartita, però, l’Europa della musica si è accorta di avere per le mani un grande tesoro e ha iniziato la riscoperta del compositore. Tra i suoi punti di forza proprio quell’essere tra i primi romantici, quell’addolcire lo stile classico per ammorbidirlo con la poesia, ma forse in maniera meno appariscente di altri coevi e dunque dalla presa meno istantanea sulle orecchie di pubblico e addetti ai lavori.
Beethoven si dice abbia colto troppo tardi le qualità di Schubert, una mezza leggenda vuole che proprio sul letto di morte abbia per la prima volta pubblicamente palesato il suo interesse per il talento del viennese, il quale invece nutriva per lui una profonda stima. L’ultimo brano che Schubert ha voluto sentire era di Beethoven, e proprio vicino a Beethoven ha chiesto di essere seppellito a Vienna. Il re dell’armonia di fianco al re della canzone, come diceva il violinista Karl Holz? Sì, volendo prendere per buona una frase quasi giornalistica nel suo essere diretta e d’impatto.