Fuori fase: non sono professore, però!

di Marco Riboldi

La frase prelude in genere ad affermazioni piuttosto decise circa il comportamento da tenersi in qualche circostanza della vita pubblica o privata, sulla quale si ritiene di dover necessariamente far conoscere il proprio parere.

Con la attuale pandemia il fenomeno è esploso in modo clamoroso, ma è sempre stato presente.

Persone che fino all’altro ieri non avevano mai saputo dell’esistenza di una cosa chiamata RNA discettano sulla  differenza tra i vaccini.

Bravi elettricisti o idraulici spiegano autorevolmente cosa si dovrebbe fare per insegnare matematica con la DAD ( che sia per questo che si trovano tanto difficilmente ? forse sono tutti impegnati a studiare matematica).

Infaticabili signore, lavoratrici in o fuori casa, si esibiscono in spiegazioni approfondite sulla psicologia infantile e adolescenziale, che ovviamente non hanno mai studiato, ma “chi meglio di una mamma può sapere cosa serve al figlio?”

Tutto questo oggi, purtroppo, rifluisce nel canale di scolo dei cosiddetti social media.  Se un tempo le fesserie si esaurivano nello spazio limitato del bar  del paese o del giardino fuori dalla scuola, oggi in un baleno arrivano  un po’ dovunque, alimentando ulteriori dibattiti senza alcuna consistenza.

A far da splendida cornice a tutto questo sta la convinzione di ricevere informazioni dai canali informatici, i quali, nella migliore delle ipotesi dicono anche cose giuste, ma che andrebbero contestualizzate, approfondite, confrontate.

Invece vengono bevute e spesso comprese un po’ all’incirca, come è ovvio che sia, se non si hanno gli strumenti culturali adeguati.

Proposta.

Facciamo quello che un tempo si chiamava “fioretto”, cioè un piccolo sacrificio quaresimale (possono farlo anche  i non credenti, non fa male).

Proviamo, fino a Pasqua, a parlare solo ed esclusivamente delle materie che conosciamo per studio o per lavoro.

Per le altre suggerisco un atteggiamento inusuale, ma pressoché infallibile: stiamo ad ascoltare (non sentire, ascoltare, che è diverso) in attento silenzio.

Secondo me non ci troveremo male.

Come dite? Che metà delle trasmissioni televisive dovrebbero congedare gran parte dei loro ospiti, più consueti, abituati come sono a parlare di tutto senza sapere alcunché?

Capisco il problema, ma non è difficile trovare una buona soluzione.

Quando ci sono quei programmi, guardate la TV. 

Spenta: fa meno danni.

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