Keynes e il futuro dei nostri nipoti

John_Maynard_Keynes

di Fabrizio Annaro

« Il capitalismo non è intelligente, non è bello, non è giusto, non è virtuoso e non mantiene le promesse. In breve, non ci piace e stiamo cominciando a disprezzarlo. Ma quando ci chiediamo cosa mettere al suo posto, restiamo estremamente perplessi. » A pronunciare questa frase non è stato un esponente marxista  e neppure un  rivoluzionario bensì, forse, il più grande economista del XX secolo: John Mainard Keynes.

Quando si scrive o si parla di economia e di economisti, immediatamente i lettori cambiano “canale”. Eppure di economia, il nostro mondo materialista (e non solo) si nutre avidamente. Di Keynes si è detto molto e in questo suo anniversario voglio ricordarvi una previsione da lui formulata che, purtroppo,  non si è avverata.

Lord Keynes è stato un’economista che  ha analizzato gli effetti delle relazioni umane e di quelle politiche e sociali nell’ambito economico. Gli investimenti e le innovazioni, motore dello sviluppo economico, dipendono, secondo Keynes, dallo stato psicologico degli imprenditori. Ha messo le basi della Macroeconomia e scoperto gli effetti moltiplicatori di fenomeni economici dai quali scaturiscono crescite virtuose e nuove ricchezze.  Ha formulato diverse previsioni azzeccandone parecchie. Purtroppo i suoi suggerimenti non sempre sono stati ascoltati.

Alla fine del primo conflitto mondiale, nel 1919, partecipò come delegato di Sua Maestà la regina ai lavori della Conferenza di Pace  di Versailles, ma si dimise dall’incarico in quanto il trattato era troppo punitivo nei confronti della Germania. Saggia osservazione, considerato che i debiti di guerra scatenarono crisi economiche e spirali inflazionistiche che misero in ginocchio i tedeschi ed aprirono le porte  al nazismo.

Dopo la crisi del ’29 Keynes entrò in aspra polemica con i fautori dell’economia classica e con le teorie economiche dominanti. Invitò le autorità ad allargare la spesa pubblica, favorire gli investimenti,  incrementare i salari. Una ricetta che si dimostrò efficace e che consenti all’America e al mondo di uscire dall’impasse generato dal crollo di Wall Street.

Fu tra i fautori di Bretton Woods, gli accordi che imponevano cambi fissi fra le valute e una parità aurea fra dollaro e oro. Un meccanismo che scoraggiava la speculazione valutaria e finanziaria.

Matematico, giornalista, diplomatico, consigliere presidenziale, Keynes aveva un  carattere deciso e una personalità forte e determinata.  Molte delle sue intuizioni si mostrarono esatte e veritiere, ma non quella sul futuro dei nostri nipoti. In un celebre discorso pronunciato a Madrid nel 1930  Keynes sfidò i suoi colleghi economisti a immaginare come sarebbe stato il mondo cent’anni dopo.

Secondo Keynes  il livello di ricchezza collettiva sarebbe stato tale che  i futuri nipoti avrebbero potuto dedicare poco tempo al lavoro e tantissimo alla cultura, all’arte, al divertimento, alla creatività. Le risorse sarebbero state tali per cui l’uomo del nuovo millennio avrebbe potuto disporre di tutto il tempo per coltivare lo spirito e la mente.

Keynes non immaginò invece che la crescita della ricchezza avrebbe generato più che una liberazione dai bisogni primari (cibo, abitazione, vestiario …) una crescita smisurata, se non infinita, di nuovi bisogni che anziché rendere libero l’uomo l’hanno reso  più schiavo di prima.

Siamo ancora in tempo per cambiare stile di vita e dare ragione a Keynes?

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