Intervista di Claudio Pollastri pubblicata dal mensile Fogli dicembre 2013. Si ringrazia per la collaborazione.
Scusi, Rivera, ma ogni volta che la sento mi emoziono.
Anche al telefono?
Come la prima volta.
La prima volta?
Milanello, novembre 1975. Lei voleva comperare il Milan.
Il Milan mi voleva vendere.
È come se Cavalleri non mi volesse più e io comprassi Studi cattolici.
Beh, se ha i soldi.
Lei li aveva?
Di certo non bluffavo.
Come sempre.
Ho sempre pagato di persona.
Il famoso «tocco in più» che le ho sempre invidiato.
In campo?
Quello era extraterrestre. Alludevo alla vita.
Alla vita?
Il termine appropriato, il tono misurato, il coraggio di andare controcorrente.
Me l’hanno rinfacciato anche quando ho partecipato a Ballando con le stelle.
Il mito però non è stato scalfito.
L’avevo fatto per beneficenza.
Primo anche in quello, accanto a Padre Eligio.
Sentivo di farlo.
Il primo calciatore che dedicava tempo agli altri con Mondo X.
Molto criticato, anche quella volta.
I cronisti le davano la caccia.
C’era anche lei?
Ebbene sì, lo confesso.
Ma lei non è un cronista sportivo.
Mi occupavo di cronaca e lei era il primo calciatore a dedicarsi alla politica.
C’eravamo incontrati?
TVM66, maggio 1987. Movimentava la politica come aveva movimentato il gossip.
C’era anche in quelle occasioni?
E in molte altre.
Dovrei riattaccare.
Dopo tanti anni? È proprio un «mandrogno» (soprannome degli abitanti
di Alessandria e dintorni, nda) che non dimentica.
Non ho mai dimenticato le mie origini e le persone che mi hanno aiutato.
Anche Fabio Capello, suo ex compagno di squadra nel Milan, è un cattolico praticante.
Mi ha chiamato per dirmi questo?
Per gli auguri, ovviamente, come tutti.
Come tutti, è vero.
Settanta: che cosa pensa di fare?
Di arrivare a settantuno.
Con lo stesso stile?
Finché ce la faccio.
Che cosa teme?
Le solite domande.
Ne avrà sentite di ogni genere.
Qualcuna anche intelligente.
Beh, non è questo caso.
A volte conta il tono.
Io sono sempre stato un suo fan, anche quando la chiamavano Abatino.
Colpo di genio di Gianni Brera. Trovata giornalistica.
Come i famosi sei minuti sui quali Mazzola ancora campa.
Nel frattempo siamo diventati amici.
Noi tifosi abbiamo fatto a botte per quell’umiliazione che ha dovuto subire.
Sono contro la violenza.
Ecco il famoso distacco da tutto.
Beh, quando serviva anch’io ho detto la mia.
Sì, ma come se non la riguardasse.
Mi riguardavano invece le squalifiche che mi arrivavano addosso.
Come ha vissuto quel ventennio calcistico una spanna sopra tutti gli altri?
Non tutti la pensavano così.
Questione di invidia.
Questione di libertà di pensiero.
Sì, però il titolo di miglior calciatore d’Europa resta. E anche quella volta è stato il
primo italiano.
Sono stati vent’anni meravigliosi. E poi ho voltato pagina.
Noi tifosi l’avevamo vissuto come un tradimento: aveva solo 36 anni, perché se ne andava?
Per il bene del Milan. Volendo, avrei potuto giocare ancora qualche anno.
Sembrava distaccato anche nel dire addio alla maglia rossonera.
Sono talmente attaccato alla maglia che mi dà fastidio quando se la tolgono in campo anche soltanto per festeggiare un gol.
E la maglia azzurra? Che dispiacere quando Bernardini la escluse per sempre
Scelta tattica.
O umana?
Non era un problema mio.
Adesso l’hanno richiamata in Nazionale.
Mi occupo dei ragazzi. Un’esperienza molto interessante.
Che cosa gli insegna?
A essere onesti. A diventare innanzitutto degli uomini. Veri.
Xe omo, come le insegnava Nereo Rocco.
Mi trattava come un figlio.
Altre telefonate d’auguri?
Sono gli altri, siete voi giornalisti, a ricordarmi i compleanni. Io eviterei anche di festeggiarli.
Paura del tempo che passa?
Ogni momento va vissuto per come si presenta.
Tutti però tornano al passato.
Voi giornalisti siete così. Cercate ancora la notizia.
Da lei c’è sempre da aspettarsela.
Sono le occasioni a creare i comportamenti. Che, per me, sono coerenti. Come sempre.
Anche se qualcuno insiste a trovarli controcorrente.
A proposito di controcorrente, che cosa pensa di Papa Francesco?
Scompiglia gli schemi e fa gol da solo.
Vorrebbe incontrarlo?
Che domanda!
Che cosa gli direbbe?
Glielo racconto alla prossima telefonata per gli auguri.
Gliela farò da milanista,
Perché, questa cos’era?